Il bivio della santa alleanza

Vent'anni dopo Mani Pulite può ripetersi il copione: eliminare l'avversario per via giudiziaria e restare "vergini"

Il bivio della santa alleanza

Fra cinque giorni, martedì 30 luglio, conosceremo ufficialmente ciò che già conosciamo ufficiosamente: la sentenza contro Silvio Berlusconi. Il giudizio è al terzo grado, l'ultimo, quello della Cassazione che deciderà se il «mostro» dovrà essere condannato in via definitiva e quindi scontare in galera, agli arresti domiciliari o ai servizi sociali la pena inflittagli in appello per frode fiscale, qualche milione di fondi neri costituiti con un trucco. Non entro nei dettagli dell'accusa. Li abbiamo raccontati mille volte. Non se ne può più, che barba. Ricordo soltanto che ai tempi in cui il reato sarebbe stato commesso, inizio anni Duemila, il Cavaliere era totalmente dedito alla politica già da quasi un decennio e, quindi, non aveva alcun ruolo dirigenziale o sociale nell'azienda di famiglia. Era un azionista e basta. Delle faccende interne all'impresa si occupavano altri.

Ciononostante la giustizia se la prende con lui (impegnato quale capo dell'opposizione in Parlamento e in campagna elettorale) considerandolo comunque una sorta di deus ex machina dotato del potere dell'ubiquità. I magistrati sono persuasi che nel Biscione nulla si facesse se non con la sua benedizione. Non è vero, ma la circostanza appare secondaria: siamo in Italia e le prove dalle nostre parti contano meno dei sospetti. In questo c'è qualcosa di ideologico? Forse sì, forse no. Non siamo in grado di accertarlo. Sappiamo soltanto, per diretta esperienza, che Berlusconi nelle tivù da lui fondate non contava un tubo. Ovvio, uno che sta a Palazzo Chigi o briga per andarci è difficile, e improbabile, che abbia il tempo, la voglia e l'opportunità di dedicarsi a dettagli amministrativi, soprattutto truffaldini.
Sia come sia, l'esito di questa vicenda minaccia di rompere gli equilibri politici del Paese, già abbastanza precari. Se l'attuale capo del centrodestra sarà interdetto dagli uffici pubblici, chiuso in cella o in casa, senza la facoltà di svolgere attività politica, succederà il finimondo. Il Pdl non avrà più il capo, buono o cattivo che sia, grazie al quale dal 1994 a oggi ha contrastato la sinistra assetata di poltrone, interpretando la volontà di un'ampia, e spesso maggioritaria, fetta di elettorato. Il sistema - non facciamoci illusioni - verrà azzoppato e nessuno è in grado di ipotizzare cosa accadrà in futuro. Che ne sarà del governo delle larghe intese? Che ne sarà del centrodestra? Come si comporterà il centrosinistra?

Un cataclisma quale quello cui andiamo incontro non si era mai verificato, se si esclude lo sterminio del pentapartito all'epoca dei Mani pulite, quando i fenomenali giudici che conducevano la memorabile inchiesta eliminarono Bettino Craxi, Arnaldo Forlani, Severino Citaristi, Giorgio La Malfa eccetera lasciando sul campo solamente gli ex comunisti che, invece di finire in galera come gli altri ladri veri o presunti, si accomodarono al governo. Conosciamo i motivi.
Lo stesso Antonio Di Pietro, domenica scorsa, ha dichiarato al Corriere della Sera di non aver potuto incastrare i marxisti pentiti perché Raul Gardini, invece di confessare a chi avesse materialmente consegnato il tangentone Enimont, ebbe la pessima idea di uccidersi con un colpo di pistola alla testa. A causa di ciò, le indagini si limitarono ad accertare che lo steccone miliardario arrivò sì a Botteghe Oscure, ma rimase avvolto nel mistero: chi lo intascò?

I vertici dell'ex Pci furono graziati: a differenza di Craxi, Forlani e altri, potevano non sapere chi aveva grattato. Ma queste cose, notorie, fanno un po' ridere. Dopo quasi quattro lustri, gli scenari sembrano relativamente mutati. Sono cambiati quelli che fottono, ma i fottuti sono sempre gli stessi. La sinistra, transitata dalle mani di Achille Occhetto e Massimo D'Alema a quelle di Pier Luigi Bersani e Filippo Penati e poi di Guglielmo Epifani, resta miracolosamente ancora vergine. Pulita. Intonsa. Mentre la destra è quello che è, destinata a farsi bastonare: brutta, sporca e cattiva.

Dato che Berlusconi è ancora lì a rompere le uova nel paniere progressista, in qualche maniera deve pur essere eliminato. Con i voti non c'è verso di batterlo: anche quando va male, lui se la cava. Finora soltanto Romano Prodi l'ha sconfitto: due volte. Occhetto le ha prese, Francesco Rutelli pure, Walter Veltroni idem. Su Bersani stendiamo un velo. Va da sé che in questa situazione l'unico modo per togliersi dai piedi il Cavaliere sia quello di schiaffarlo in galera. Obiettivo perseguito da lunga pezza.

Bisogna riconoscere che ai rossi non difetta la perseveranza: a forza di insistere con le manette, sono sul punto di ottenere soddisfazione. Ma siamo sicuri che le toghe siano tutte pronte ad assecondare i piani progressisti? Non ne siamo convinti, anche se lo temiamo, giacché il gioco sporco condotto negli ultimi vent'anni in certi ambienti non ha mai subìto variazioni. Le magagne della sinistra in linea di massima passano in cavalleria, mentre quelle della destra sollevano sempre polveroni.

L'arma giudiziaria non fallì nello sterminio dei partiti della Prima Repubblica e risparmiò - per motivi vari mai chiariti - gli eredi del comunismo. Poiché in quasi un quarto di secolo non si sono registrate svolte apprezzabili in materia politica, non hanno forse torto i pessimisti nello scorgere all'orizzonte la liquidazione di Berlusconi per mano dei tribunali. Noi però siamo ottimisti e preferiamo pensare che la magistratura non sia stata completamente contaminata dal conformismo e si salvi in corner, agendo con la serenità che non dovrebbe mai mancare a chi ha l'obbligo di giudicare.

Neutralizzare Berlusconi con una sentenza darebbe ragione a chi, maliziosamente ma non immotivatamente, suppone che esista una tacita intesa, forse una complicità, fra toghe nere e bandiere rosse. Una condanna alimenterebbe la sfiducia negli uomini di legge e getterebbe il Paese nel caos.

Mandare in galera gli avversari può essere risolutivo, ci rendiamo conto. Però è dura incarcerare tutti coloro che hanno votato per il Cavaliere e che mai voteranno per i suoi persecutori. Attenzione, non escluderei reazioni poco garbate.

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