Bonus agli onorevoli: l'ennesima cuccagna

Altro che Regioni, i gruppi distribuiscono a deputati e senatori 73 milioni l’anno di "paghette". Ai capigruppo Pd 2.500 euro. Ai leghisti a Natale i buoni per iPhone e tv. Oltre allo stipendio

Bonus agli onorevoli: l'ennesima cuccagna

Una paga mensile di un italiano medio, sì ma come bonus in più oltre allo stipendio (di 12mila euro mensili), peraltro a fronte di nessuna spesa o attività documentata. Arrivano fuori busta (li dichiareranno, poi?), con un bonifico mensile dal conto corrente del gruppo parlamentare di appartenenza, e il parlamentare può farne ciò che vuole, anche una vacanza a Sharm El Sheik. Diciamo che un Fiorito avrebbe fatto faville in Parlamento, dove la cuccagna dei rimborsi ai gruppi politici è molto più grassa che in Lazio: 73 milioni l'anno, tra Camera e Senato (36 e 37). Come vengano usati è il quarto segreto di Fatima, visto che i partiti (gli unici che sanno la risposta) non danno informazioni. Ma qualche deputato e senatore sì, ed ecco il responso. Il trattamento di cui sopra, cioè l'extrabusta, riguarda alcuni gruppi, non tutti. I senatori e i deputati del Misto, ad esempio, lo ricevono ogni mese, da un minimo di 900 euro fino a 2.300 euro, a seconda dell'anzianità nel gruppo. Alla Camera li gestisce l'altoatesino Siegfrid Brugger (Svp) capogruppo del Misto, che ci parla di un totale di annuo di circa 900mila euro, interamente devoluto ai «suoi» 52 deputati. «Prendiamo 1.600 euro di bonus», dice un onorevole Misto, soldi da spendere come si vuole, un po' meno (900 euro) quelli che non fanno parte di un partitino incluso nel Misto (Api, Liberali, Grande Sud...). Di più, invece, i senatori del Misto, che arrivano anche 2.300 euro al mese di extra. E qui, spiega uno di loro, non si vede nessun rendiconto finale.

Ma anche i deputati di Popolo e territorio (quello di Moffa, Scilipoti, Razzi, eccetera) hanno l'extra stipendio. Ce lo rivela uno della pattuglia: «Il finanziamento arriva al capogruppo, che poi li assegna a noi, ogni fine mese mi arrivano 1.800 euro. Come vengono usati quelli che avanzano? E chi lo sa? Non ci fanno vedere niente. Dovete chiederlo al nostro tesoriere», che altri non è se non Massimo Calearo, quello che ama le Porsche targate Slovacchia e che dice: «In Parlamento vado poco, ma con lo stipendio da parlamentare pago i 12mila euro del mutuo della casa che ho comprato...». Meno male che in più, come deputato e tesoriere, ha anche l'extra preso dai fondi dei gruppi.

Anche l'Udc è in mani esperte, avendo come tesoriere a Montecitorio - si legge sul sito della Camera - l'onorevole Giuseppe Naro, rinviato a giudizio per finanziamento illecito ai partiti. L'onorevole amministra, da tesoriere, i circa 2,1 milioni di euro che l'Udc riceve per il buon «funzionamento» dei suoi deputati. Il partito di Casini alla Camera non distribuisce paghette a fine mese a tutti, e così succede nei gruppi più consistenti. In questo caso, c'è la «superpaghetta» per i deputati e senatori che abbiano ruoli dirigenziali all'interno del gruppo: capigruppo, vice, segretari d'aula, presidenti di commissioni. E qui il bonus è molto più alto.

Risulta che Franceschini, capo dei deputati del Pd (che prende 10 milioni di euro alla Camera), riceva circa 2.500 euro in più al mese, i vice 2.000, e via a scendere fino ai 1.500 euro dei segretari d'aula. Più generosi nel Pdl (12 milioni di euro all'anno per il funzionamento del gruppo), dove pare che capigruppo e vice capigruppo (che sono nove) prendano ancora più dei colleghi del Pd. Un sistema simile c'è anche nella Lega, che non produce un bilancio dei soldi del gruppo alla Camera. Per i pezzi grossi c'è (stato o ancora?) un extra (anche 2mila euro), e il bonus dell'affitto pagato coi soldi del gruppo (a Calderoli, ma si dice anche per Bossi e almeno un altro senatore, veneto). Il capogruppo leghista ha poi a disposizione una carta di credito, con la quale il precedente ha speso 55mila euro in un anno e mezzo. E poi regali. La scorsa Pasqua sono arrivati 4.200 euro a testa, come regalino, mentre a Natale 2.500 euro a testa in buoni Mediaworld. Che poi significa: soldi pubblici usati per comprare lavastoviglie, iPhone e tv al plasma per le case dei senatori leghisti. Al Senato il sistema non è stato ancora modificato, alla Camera sì, ma all'acqua di rose (mentre giovedì arriva il Dl taglia spese locali).

L'uso dei soldi verrà verificato dal Collegio dei questori e Ufficio di presidenza (cioè dai partiti stessi) e da una società di revisione.

Che però non è la Guardia di finanza o la Corte dei conti, fa un semplice controllo di conformità ai principi contabili stabiliti per i gruppi. Nessuno, tantomeno una società esterna, potrebbe contestare una cena, l'acquisto di un Suv, i 50mila euro sulla carta di credito o la paghetta mensile decisa dai partiti. La cuccagna continua.

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