Bossi choc: «Sono pronto a ricandidarmi segretario»

Bossi choc: «Sono pronto a ricandidarmi segretario»

MilanoIl vento del Nord che spira dalla Lombardia, porta con sé un ultimo sondaggio Tecnè/Omnimilano che vedrebbe Roberto Maroni, il candidato del centrodestra alla Regione Lombardia, prendere il volo con il 40,1 per cento. Staccando di quasi 4 punti le sinistre (al plurale) di Umberto Ambrosoli precipitate al 36,4, la grillina Silvana Carcano all'11 per cento e il riscopertosi montiano Gabriele Albertini al 10,5. Solo il 2 per cento per il Fare griffato Oscar Giannino del bocconiano Carlo Maria Pinardi.
Una notizia da incrociare con l'uscita della Versione di Bossi, il libro-confessione raccolto dal giornalista Matteo Pandini per la collana digitale edita da Linkiesta.it. E dove, in tempo di annunci choc, l'Umberto rivela il suo ritorno al futuro, rivelando di essere determinato a presentarsi come candidato segretario al prossimo congresso federale della Lega. Quello già annunciato per l'autunno o nella primavera 2014 da Maroni che ha già spiegato che in caso di vittoria farà il governatore a tempo pieno. Ma che rinuncerà al bastone del comando anche in caso di sconfitta, perché nel codice leghista e celodurista un capo che perde non è più un capo. Certo, subito dopo aveva precisato che per la sua successione sono già pronti giovani di valore e l'immaginazione più che a Bossi è corsa alle figure della nuova Lega 2.0, tipo il segretario lombardo Matteo Salvini, il presidente del Veneto Luca Zaia o il sindaco di Verona Luca Tosi. Ma tant'è, perché Bossi è sempre Bossi. E quando parla lui c'è sempre da ascoltarlo. Soprattutto quando sogna, perché troppo spesso i suoi sogni son diventati realtà. A dispetto di tutti. E magari questa volta trasformando in incubo quello dei leghisti veneti già pronti, dopo anni di signoria lombarda, a prendere il posto di Maroni a cui hanno concesso la corsa in Lombardia.
«Bisogna mantenere assieme la Lega e io sono un fattore di unione, se non mi ripresento, divido la Lega», ha sentenziato. «Ho buone possibilità di vincere». Perché, assicura, «le decisioni le prendiamo sempre assieme. Mi sono sfilato da tutti quelli che volevano far casino. Non ci sono più io, ma è lo stesso...». Su chi ha lasciato la Lega, il giudizio è «negativo», anche se «sono stati fatti errori» come alcune espulsioni. E già dice di voler riesaminare alcuni casi, per esempio quello di Rosi Mauro con cui si vede spesso a cena. Ma solo dopo le elezioni. Apprezzamento per Maroni che, per dirla da leghista, «ha gestito una situazione di merda» e che scagiona quando parla dello scandalo che ha travolto la Lega: non fu il Viminale, ma qualcuno a Palazzo Chigi a usare i servizi segreti e a nascondere al partito i movimenti dell'ex tesoriere Francesco Belsito. Poi racconta che suo figlio Renzo è andato «lontano» dopo le polemiche e gli scandali, rimborsi regionali compresi. Buono il giudizio sul segretario del Pd Pier Luigi Bersani («È intelligente»), più duro con Ambrosoli («Fuori Milano non lo conosce nessuno»). Berlusconi? Ha sempre mantenuto le promesse, ma ha sbagliato a gestire il Pdl. «Ha interrotto la comunicazione tra la base e i vertici».

Sulle elezioni, sia regionali lombarde che politiche, Bossi è convinto che il centrodestra riuscirà a vincere. A quel punto, a Palazzo Chigi (e anche all'Economia), vedrebbe Giulio Tremonti. Che difende dalle critiche di alcuni leghisti.

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