MilanoÈ stata la domenica dei boia chi molla. Con Gianfranco Fini che dopo mesi di quarantena è riapparso nella 1/2 ora Rai di Lucia Annunziata per annunciare il suo ritorno. E poi Umberto Bossi che nel suo eterno pendolare tra il «non mi candido» e il «mi candido» ieri ha scelto la seconda opzione. Dopo che un paio di settimane fa aveva stragiurato per la prima. «Penso di sì», ha risposto ai giornalisti che volevano sapere se correrà per la segreteria della Lega contro il favoritissimo Matteo Salvini nel congresso del 15 dicembre. Quello in cui Roberto Maroni deporrà (almeno formalmente) il timone del Carroccio per dedicarsi solo, come ha detto, al governo della Lombardia. L'occasione è stata l'inaugurazione a Lazzate di una piazza a un leghista doc come l'ex sindaco e parlamentare Cesarino Monti. «In giro - ha spiegato Bossi - c'è una montagna di gente che si è spaventata nel vedere quello che è accaduto: le espulsioni e il sospetto che la Lega possa finire mi spingono a tornare per sistemare le cose». Un ruolo da Cincinnato o meglio da Alberto da Giussano che in pochi dentro il partito sono disposti a riconoscergli. «Ormai è un disco rotto», si stizzisce qualcuno. Perché Alberto fu il cavaliere che nella battaglia di Legnano raccolse 900 giovani nella Compagnia della morte e difese il Carroccio della Lega Lombarda dall'imperatore Federico Barbarossa. Bossi, invece, sembra più dividere che unire. «Non si rende conto che nel giorno di Renzi dicendo che torna ci fa fare una pessima figura?». Anonimo lombardo. Perché l'ordine nella Lega è di tenere i toni bassi. Finché si può.
Perché a maggio c'è quella che i colonnelli di Maroni considerano la vera sfida per la vita o la morte: il 4 per cento di sbarramento alle Europee da prendere non in Veneto o in Lombardia, ma in tutta Italia. Oggi nei sondaggi la Lega è un po' sopra o un po' sotto il 4 e c'è il rischio di rimanere fuori. E considerando che né Maroni, né Salvini, né altri big del partito sono voluti entrare nel Parlamento «romano», rimanere fuori anche da Strasburgo potrebbe decretare il fallimento della gestione post-Bossi. Ecco perché il guanto di sfida nuovamente lanciato preoccupa. Maroni vorrebbe una candidatura unitaria e «riservare le forze - ha detto Salvini - ai nemici esterni e non più alle liti interne». Nessuna replica di Maroni che ieri si è limitato a twittare su altro argomento. «Operazione Mare Nostrum deve bloccare le partenze dei clandestini, non aiutarli a venire in Italia più facilmente. Fatta così è un disastro». Non a caso un tema su cui ricompattare i leghisti. Con Salvini che ieri proprio da Lazzate ha lanciato due referendum: uno per l'abolizione della figura del prefetto («un'emanazione odiosa, antistorica e simbolo di tutto quello che non va») e l'altro contro l'ammissione degli extracomunitari ai concorsi pubblici («ora se non sei cittadino italiano hai gli stessi diritti e dei doveri in meno»). Roba da comizio, perché in molti nella Lega pensano che le elezioni (e non le Europee) potrebbero non essere poi così lontane.
Berlusconi? «Tutti dicono che decadrà - ha poi spiegato ieri Bossi - Ma anche se decade, Berlusconi ha i voti e li può indirizzare.
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