"Cambiare legge elettorale, non solo il quorum". La "sparata" del sindacalista Landini

Dopo aver dichiarato di non voler fare politica, Maurizio Landini a Bologna si è posizionato idealmente sui banchi dell'opposizione: "Dentro al Parlamento chi fa le leggi non rappresenta la maggioranza in questo Paese"

"Cambiare legge elettorale, non solo il quorum". La "sparata" del sindacalista Landini
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Maurizio Landini, colui il quale ha recentemente dichiarato di non voler fare politica e di volersi godere la pensione una volta terminato l'incarico in Cgil, intervenendo a "Repubblica delle Idee" a Bologna, ha effettuato un intervento nettamente politico sull'ultimo rferendum. Serve cambiare "anche la legge elettorale e non solo il referendum", in particolare il meccanismo del quorum, ha dichiarato il segretario della Cgil, unendosi a tutti quei politici di sinistra che, vista la sonora sconfitta, ora vorrebbero plasmare la legge a loro vantaggio.

Un intervento quanto meno ambiguo per un segretario sindacale che non vuole fare politica, che però pubblicamente critica la legge elettorale come un qualunque politico scafato farebbe all'indomani di un'elezione. "Il quorum nasce in un Paese dove il 95% andava a votare. Oggi sei in una situazione che non hai più legge elettorale proporzionale, hai premi di maggioranza, a votare va il 60-65% quando va bene... La maggioranza prima, con un sistema proporzionale col 95% che votava, rappresentava davvero il corpo elettorale. Oggi hai una contraddizione: dentro al Parlamento chi fa le leggi non rappresenta la maggioranza in questo Paese", ha proseguito Landini.

L'attuale maggioranza ha ottenuto la maggioranza degli elettori che sono andati alle urne esattamente come è accaduto nel 2018, elezione precedente a quella del 2022, quando però queste discussioni non sono state sollevate. I governi che si sono poi succeduti tra il 2018 e il 2022, compresi quelli che hanno avuto il Partito democratico in maggioranza, non hanno richiesto nemmeno la consultazione popolare ma sono stati costriti all'interno dei Palazzi. Affermare che la maggioranza del parlamento non rappresenta la maggioranza del Paese è una forzatura della considerazione democratica. E ridurre, o abolire il quorum, sarebbe una forzatura ancora più grande perché la sua esistenza, soprattutto sui quesiti abrogativi, assicura che le decisioni importanti non vengano prese da un gruppo troppo ristretto di persone. È forse questo l'obiettivo di chi è ora all'opposizione, sindacati inclusi?

Se non ci fosse stato il quorum, chi si è astenuto dal voto lo scorso weekend si sarebbe recato alle urne e avrebbe espresso il suo no ai quesiti, soprattutto quello di cittadinanza, che è stato il vero fallimento del referendum.

Mentre i primi quattro quesiti sul lavoro non erano altro che un regolamento di conti interno al Partito democratico, visto che chiedevano una legge da loro promossa e approvata, il quinto quesito ha ottenuto la bocciatura anche degli elettori di sinistra: uno su tre di quelli che hanno votato hanno scelto di dire "no". Invece di voler cambiare le leggi perché non sono più gradite, a sinistra dovrebbero ragionare su questo.

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