Non si filano. Anzi, si detestano, nemmeno cordialmente. Scintille. Allusioni. Battutacce da osteria. Beppe Grillo versus Giorgio Napolitano che non fa nulla, a sua volta, per nascondere l'antipatia, anzi la preoccupazione per l'irresistibile ascesa del comico genovese. I due si scambiano da sempre complimenti su complimenti, come vecchi amici. Dal Quirinale il presidente invita la politica a «rigenerarsi» per non lasciare spazio «ai demagoghi di turno». Non ci vuole molto alla stampa per dare un nome al profilo tratteggiato dal capo dello Stato. La didascalia va incollata sotto la foto di Grillo. Che gli risponde per le rime, apostrofandolo con un ritornello ripetuto sino alla noia: «Morfeo Napolitano dorme, fa il pisolino
». Sì, se Mario Monti, altro bersaglio fisso del leader del Movimento 5 stelle, è Rigor Montis, l'inquilino del Quirinale è Morfeo. Uno che passa le giornate riposandosi e quando si sveglia bada agli interessi di bottega: «Dovrebbe essere il presidente degli italiani e non il presidente dei partiti». E invece per lui è il numero uno della casta, anzi fa parte a tutti gli effetti della nomenklatura. «I tagli - spiega Grillo in un comizio a Garbagnate Milanese - andrebbero fatti a partire dall'alto, da Napolitano». Poi dà i numeri: «Il Quirinale costa 240 milioni l'anno, più di Buckingham Palace». Scandalo.
A maggio, dopo la bagarre delle elezioni amministrative da cui i grillini sono usciti alla grande, i due si punzecchiano ferocemente. I cronisti intercettano Napolitano e gli chiedono un commento sull'exploit. Lui non si fa pregare. E prova a ridimensionare il successo del quasi debuttante intruso, come parlando di un perfetto sconosciuto: «Il boom di Grillo? Di boom ricordo solo quello economico degli anni Sessanta. Altri non ne vedo». Il tempo di leggere in rete la dichiarazione e Grillo passa al contrattacco: «L'anno prossimo si terranno le elezioni politiche e, subito dopo, sarà nominato il successore di Napolitano che potrà godersi il meritato riposo». Gira e rigira, siamo sempre dalle parti di Morfeo, il dio del sonno. Ma Grillo non si ferma lì e allunga un'altra stoccata, tutta politica: «Se il Movimento 5 Stelle farà boom (come quello dei favolosi anni '60) il prossimo presidente non sarà un'emanazione dei partiti». Poi il fondatore del movimento che non vuole diventare un partito come tutti gli altri, si ricorda del monito del Quirinale sulla «rigenerazione» e lo fa a pezzi: «Dalla rigenerazione di cui sparlava il nostro presidente siamo passati alla liquefazione. I partiti si stanno liquefacendo in una diarrea politica». L'eleganza del personaggio è incontenibile come la sua oratoria.
Il 25 ottobre scorso Grillo, impegnato in un frenetico tour della Sicilia dove è arrivato addirittura a nuoto, scaglia un altro sassolone contro le austere vetrate del Quirinale. «Ieri sera - scrive sul suo blog - sono stato a Catania. Piazza Università era strapiena.. Se ci avete seguito, avete sentito il BOOM gridato dai catanesi. Chissà se stavolta l'ha sentito anche il nostro presidente della Repubblica». Poi, con un mix di sarcasmo e disprezzo, ammicca. «Giorgio, lo senti il nostro boom?».
Non c'è niente da fare: col tempo la distanza fra i due si è allargata: c'è un fossato invalicabile. Colmo di disistima, da una parte e dall'altra, e anzi qualcosa in più. E Grillo si rivolge abitualmente al Quirinale senza nemmeno una patina di quel rispetto formale che si deve alla prima carica del Paese. Quando Napolitano lancia un appello alle forze politiche perché diano finalmente agli italiani una nuova legge elettorale, lui subito la ribattezza Napoletellum. Facendo il verso, con l'aiuto di un latino maccheronico, al famigerato Porcellum.
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