MilanoIn Lombardia Roberto Formigoni riprende quota dopo che al termine della segreteria politica convocata a Milano da Roberto Maroni, la Lega annuncia che le dimissioni di assessori e consiglieri non sono più così categoriche. Segno che il braccio di ferro che sembrava condannare il governatore alle dimissioni immediate, con i grandi vertici di partito convocati ieri ha segnato più di un punto a suo favore. Perché, dopo aver rapidamente accolto (e messo in atto) nei giorni scorsi la richiesta dei leghisti di azzerare la giunta, Formigoni si era infuriato per il voltafaccia del Carroccio che tra sabato e domenica si era rimangiato la promessa di partecipare a una nuova giunta con il compito di proseguire fino al 2015 la realizzazione del programma elettorale votato dagli elettori. Con lo stesso Formigoni che per tutta la domenica, onnipresente davanti alle telecamere di trasmissioni e tiggì, aveva tuonato contro la «Lega ribaltonista». Ponendo per ieri il termine dell'ultimatum: o ci ripensano, oppure tutti a casa e si va immediatamente al voto. Magari già prima di Natale.
Ma il falco Matteo Salvini nega questa lettura. «La Lega ha ottenuto tutto quello che aveva chiesto: azzeramento della giunta, approvazione del bilancio, eliminazione del listino bloccato per evitare altri casi Minetti e soprattutto elezioni ad aprile». Ecco il perché della nuova apertura alla proposta di Formigoni che ora chiede alla Lega di entrare in una nuova giunta e prolungare la vita della legislatura. Quattro le poltrone offerte, ma il Carroccio potrebbe anche scegliere per una presenza di bandiera con un unico assessore. E poi elezioni. Perché «nessuno - spiega Salvini - mette in discussione la buona amministrazione di questi quindici anni, ma dopo tanto tempo penso che cambiare sia anche sano e saggio: quando c'è di mezzo un assessore arrestato per legami con la 'ndrangheta in Lombardia, la Lega si ferma». Riferimento all'arresto dell'assessore Domenico Zambetti, incarcerato con l'accusa di aver comprato per 200mila euro 4mila voti dalle cosche calabresi. «Detto questo - prosegue Salvini - noi non abbiamo mai affermato che usciamo dalla maggioranza». I nomi? «Più che di nomi, stiamo ragionando di cose da fare», di interventi concreti «per tornare a testa alta davanti ai cittadini lombardi».
La data delle urne? «Votare ad aprile - spiega Salvini sposando la tesi dell'election day con regionali e politiche - abbiamo calcolato che fa risparmiare 50 milioni di euro». Ma Formigoni preferisce gennaio. «Si cambia lo Statuto, si approva la legge elettorale per togliere il listino, si approva il bilancio e la Lega è pronta ad andare a votare quando si vuole». Insieme al Pdl? «Delle alleanze future parleremo più avanti».
Anche perché la scelta dei nomi sarà affidata sabato e domenica ai quasi 2mila gazebo organizzati in tutta la Lombardia per le primarie della Lega. Una grande iniziativa che era stata pensata per raccogliere firme contro l'euro e la tassa sulla casa del governo Monti, ma che si è inevitabilmente trasformata in un appello al voto per il popolo leghista che dovrà pronunciarsi su una rosa di candidati che tende ad allargarsi. Perché accanto allo scontato nome di Maroni, che però ai suoi più stretti collaboratori avrebbe confidato di non avere alcuna intenzione di correre per la poltrona di governatore, ci sono il giovane e rampante Salvini, ma soprattutto il sindaco di Varese.
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