Casini esalta il Professore ma lui lo scarica: "Mi fece fuori dall'Ue"

Monti ricorda: "Nel 2004 puntavo alla riconferma a commissario, ma Berlusconi mi disse di un veto Udc". Dovevano piazzare Buttiglione

Mario Monti lascia cadere l'aneddoto con il modo di fare che ormai conosciamo: una stilettata velenosa avvolta da parole di velluto pronunciate a Cernobbio, la sua seconda patria (dopo Bruxelles). L'Udc oggi proclama che «dopo Monti c'è soltanto Monti», consegnando di fatto al premier la tessera più importante del partito. Invece il Professore preferisce tenere le distanze. E lo fa ricordando quando, nel 2004, fu proprio l'Udc a non volerlo riconfermare commissario europeo perché gli affamati centristi gli preferirono uno dei loro: Rocco Buttiglione. Uno sgarbo che Monti non ha dimenticato.
L'episodio affiora quasi per caso. «Voglio ricordare un aneddoto che mostra anche come cambiano le cose nella politica - dice il premier nell'intervento conclusivo al seminario Ambrosetti - Nel luglio 2004 era in scadenza il mio mandato di commissario europeo e non avevo fatto mistero a nessuno che ne avrei fatto volentieri un altro. Il presidente Berlusconi mi disse: “La confermerei volentieri, ma ho dei problemi con la mia maggioranza, in particolare con l'Udc, che vuole Buttiglione come nuovo commissario europeo, e temo di non poter soddisfare la sua aspirazione”».
A questo punto Monti si rivolge a Roberto Maroni, seduto ad ascoltarlo nell'ovattato salone di Villa d'Este. «In quei giorni Maroni disse che avrebbe sostenuto la conferma di Monti “perché varesino”. Gli telefonai per ringraziarlo e mi permisi di dirgli, se fosse tornato sull'argomento, di aggiungere qualche altra considerazione. Il giorno dopo Maroni fece una dichiarazione altrettanto calorosa: “Continuo a sostenere il professor Monti anche perché è varesino...”». Al segretario del Carroccio vanno ringraziamenti e complimenti: «Sono pieno di comprensione per la decisione della Lega di non aderire al governo». Un anno fa Monti offrì a Maroni di restare al Viminale, ma il ministro obbedì alle direttive del partito.
Ed ecco impacchettato il neonato «partito di Monti». Casini lo arruola e lui si smarca additando l'Udc come esempio di «come cambiano le cose nella politica»: nel 2004 lo impallinarono, nel 2012 lo vogliono a Palazzo Chigi per altri cinque anni. In effetti otto anni fa la battaglia dei centristi contro il commissario alla Concorrenza fu spietata quanto silenziosa. Allora il partito era guidato dal segretario Marco «Harry Potter» Follini e dallo stesso Buttiglione, presidente. Pier Ferdinando Casini era il numero uno di Montecitorio. Da loro non uscì mai una parola di sfiducia verso l'operato di Monti: soltanto un pressing estenuante e spietato su Silvio Berlusconi.
Nel giugno di quell'anno il governo era tenuto sotto scacco da Follini che minacciava l'appoggio esterno e pretendeva dall'esecutivo una «scossa»: cioè poltrone al governo, alla Rai e all'Eurocommissione. A Bruxelles erano in scadenza due italiani, il presidente Romano Prodi e appunto Monti. Il nuovo organismo avrebbe avuto 25 posti per l'ingresso di nuovi Paesi nell'Ue; all'Italia ne sarebbe spettato uno solo. Monti puntava a restare.
Berlusconi era favorevole alla riconferma e avallò in modo informale le «legittime aspirazioni» del commissario ai primi di luglio. Fini e Follini avevano ottenuto le dimissioni di Giulio Tremonti da ministro dell'Economia. Berlusconi propose a Monti di prenderne il posto in via XX Settembre, ma il Professore rifiutò l'incarico «stimolante e attraente» ripetendo di preferire Bruxelles. Pochi giorni dopo Monti a Budapest annunciò in pubblico la sua «disponibilità» a restare commissario: segno che aveva ottenuto garanzie.
Ma ad Harry Follini la testa di Tremonti non bastava. Voleva anche quella di Monti. A Bruxelles doveva andare Buttiglione, allora ministro delle Politiche comunitarie.

Non si poteva ritardare la designazione del commissario perché i partner europei si stavano già dividendo le prime poltrone. Berlusconi dovette cedere a fine luglio. E a fine ottobre Buttiglione fu sfiduciato dal Parlamento europeo per le sue posizioni su famiglia e gay. Gli subentrò Franco Frattini. Come cambiano le cose nella politica.

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