RomaE adesso Monti potrebbe lamentarsi con Fini parafrasandolo: «Che fai... Mi cacci?». Paradosso? Mica tanto perché dalle parti futuriste crescono i mal di pancia per le indiscrezioni sulla spending review e per la brutta piega che sta prendendo il governo. E così se Casini è per la santificazione di Monti, premier a tempo indeterminato, da tenere a Palazzo Chigi anche dopo il 2013 e costretto a rimediare agli errori degli italiani, i finiani chiedono al bocconiano più coraggio nei tagli alla spesa.
Si vocifera di 5 miliardi di euro. Briciole. E ai finiani questo non va proprio giù. Lungi dal far cadere il governo, reo di aver impugnato il tronchesino anziché il machete in tema di tagli, anche lo sponsor più convinto dell’esecutivo tecnico comincia però ad arricciare il naso. Testa d’ariete nelle critiche a Super Mario, il braccio destro del presidente della Camera, Italo Bocchino. Il quale non va per il sottile nel denunciare lo scarso coraggio del Prof: «Se il risparmio è soltanto di 5 miliardi diciamo che no, non va. Ma stiamo scherzando? Sono briciole, non basta. Sarebbe una presa in giro degli italiani».
Le doglianze sono esplicite: «Monti è un fuoriclasse? Noi pensiamo di sì. Ma giochi da fuoriclasse, non da uno qualunque. Non guardi in faccia a nessuno e tagli». Ma non c’è soltanto la pars destruens. Sempre Bocchino butta là, snocciolando cifre: «L’Italia spende ogni anno 45 miliardi per dare fondi perduti alle imprese. 45 miliardi significa il doppio dell’Imu. Ebbene, la nostra proposta è la seguente: dimezzare il fondo. Alle imprese il governo dia soltanto 22 miliardi l’anno come credito d’imposta. Sarebbe pure un modo per far emergere il sommerso». L’idea sarebbe quella di premiare solo le imprese che producono. «Facciamo un esempio: un’azienda fattura 120 milioni l’anno? Venti milioni in più dell’anno precedente? Ebbene, su quei 20 milioni quell’impresa non paghi tasse».
L’insoddisfazione per il ministro Giarda, prima ancora che il titolare della pratica spending review presenti le sue conclusioni oggi in Consiglio dei ministri, è palpabile. Le indiscrezioni dicono che il governo sarà troppo timido. «Il vero settore da colpire è l’acquisto di beni e servizi - dice Bocchino - Lì si nascondono sprechi, corruzione, clientele e ruberie di ogni sorta». Dalla carta igienica nei ministeri alle garze negli ospedali. «Noi diciamo: siringhe e protesi devono costare come dieci anni fa più l’inflazione. Non un euro di più. Sa quanto si risparmierebbe? 25 miliardi l’anno. Questo deve fare Monti». Ma gliel’avete detto? «Ma certo che sì. Assieme a Mario Baldassarri». Risultato? «Ci ha risposto che non può farlo perché ha contro i ministeri e le burocrazie. Ecco, noi lo imploriamo di fregarsene».
Ma questa non è la prima crepa che si intravede nel fronte dei più filomontiani della «strana» maggioranza. Circa due settimane fa, quando il premier aveva presentato la sua riforma del mercato del lavoro, dopo estenuanti trattative con le parti sociali, il futurista Enzo Raisi era impallidito: «Se la riforma del lavoro è quella che pare raggiunta dall’accordo Pd e Pdl nessuno mi chieda di votarla. Si è fatto il peggio del peggio: favori a Confindustria con il rafforzamento dei contratti che generano precariato e favori alla Cgil con più tutele a quelli che sono già tutelati. Non ci sto».
E pure sul diluvio di tasse è stato un grido di dolore: «L’ultima accise di cinque centesime sulla benzina è la goccia che fa traboccare il vaso. Non avevamo bisogno di tecnici per aumentare le tasse continuamente... O creano sviluppo o possono andare a casa». Più chiaro di così. Il Professore è avvertito.
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