Per la Cassazione anche le coppie gay sono una famiglia

Secondo la Suprema corte, devono avere "diritti omogenei" a chi è sposato, anche senza matrimonio. Nel cassetto cinque disegni di legge. Ma questa sentenza è un no alle nozze

Per la Cassazione anche le coppie gay  sono una famiglia

C’è un diritto alla «vita famigliare» che vale per le coppie omosessuali come per quelle coniugate, dice la Cassazione. E anche in Italia, dove non esiste il matrimonio tra persone dello stesso sesso né è possibile la trascrizione di quello contratto all’estero, dev’essere assicurato un «trattamento omogeneo» a tutti i conviventi. Infatti, secondo la sentenza della Suprema Corte, è «radicalmente superata» la concezione per cui la diversità di sesso è «presupposto indispensabile, per così dire naturalistico, dell’esistenza del matrimonio». Affermazioni che riaccendono il dibattito su uno dei temi che più divide laici e cattolici, ormai trasversalmente presenti dei diversi schieramenti. Tra applausi e proteste, molti chiedono al parlamento di intervenire al più presto con una nuova legge.

L’impressione è che dopo questa sentenza anni di aspri scontri su Pacs e Dico, su registri per le unioni di fatto gay ed etero, siano ormai superati dal pragmatismo giuridico.

Sui matrimoni omosessuali in Europa sembra che si sia attivata una reazione a catena. In tre giorni, il parlamento di Strasburgo ha votato per una famiglia «senza definizioni restrittive», si è aperta la consultazione in Gran Bretagna sulle nozze omosessuali voluta dal governo conservatore, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha negato a una lesbica francese l’adozione della figlia naturale della compagna solo perché doveva seguire la stessa trafila delle normali coppie e ora è arrivato il verdetto della Cassazione a imporre una scelta in casa nostra.

Tutto nasce dalla richiesta di trascrivere il matrimonio contratto all’Aja (Paesi Bassi) da due artisti gay, Antonio e Mario. Vivono a Latina e festeggiano i dieci anni di nozze con il verdetto della Cassazione: «Ci chiamavano pagliacci - dicono-, ma finalmente per tutti siamo una famiglia. Ora nel weekend organizzeremo una mega-festa perché oggi è stato scritto un pezzo di storia». In realtà, il loro è un successo a metà.

La Suprema Corte, che per la prima volta affronta un caso del genere, dice no al riconoscimento del matrimonio, ma afferma al tempo stesso che gli stessi diritti devono essere riconosciuti a una coppia sposata e a una omosessuale, convivente «in stabile relazione di fatto». Non serve una legge, secondo i Supremi giudici, per riconoscere il «diritto inviolabile di vivere liberamente una condizione di coppia», con tutti quelli che ne conseguono, dall’assegnazione della casa, all’assistenza, al risarcimento danni.

Sembra un colpo mortale all’istituto stesso del matrimonio, come dicono i Giuristi cattolici, perché si nega la trascrizione di quello gay all’estero non per il fatto che non esiste o non è valido in Italia, ma perché è inutile, non produce «qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento». Esultano i leader omosex, da Franco Grillini a Imma Battaglia, parlano di «sentenza storica» Pd come Paola Concia e Ignazio Marino, pure una cattolica doc come Rosi Bindi chiede di colmare il «vuoto legislativo» in sintonia con una parlamentare di destra come Flavia Perina del Fli. Smorzano gli entusiasmi esponenti Pdl come Maurizio Lupi, Alfredo Mantovano e Carlo Giovanardi, per cui certi diritti sono già riconosciuti e la sentenza non fa in realtà passi avanti.

Sabato scorso il leader Angelino Alfano aveva tuonato contro la sinistra che con i matrimoni gay avrebbe trasformato l’Italia in una Spagna alla Zapatero e ora il leader Sel Nichi Vendola gongola, dicendo che il suo «bigottismo» è superato. «W la Cassazione abbasso, su questo, Alfano», scrive su twitter Benedetto Della Vedova del Fli. E il pidiellino Osvaldo Napoli ribatte: «Evviva Alfano, evviva la Costituzione!». La leghista Carolina Lussana dice no alle discriminazioni, ma si preoccupa che si arrivi alle adozioni da parte delle coppie gay.

E il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione spiega che di novità non ce ne sono: «Nessun obbligo per il nostro Paese di cambiare la sua legislazione». Non è questione «nel programma di governo», spiega il ministro per l’Integrazione, Andrea Riccardi, la parola è ora al parlamento.

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