La cattolica: «Sentenza che si può ribaltare»

Il problema è da che punto guardi. Se sei dalla parte del più indifeso, di chi non ha ancora voce, allora il ragionamento di Eugenia Roccella, (nella foto) ex sottosegretario Pdl alla Salute, non fa una piega. Lei, che ha appena visto demolire la legge 40 che aveva messo a punto, non fa un passo indietro. «Abbiamo sempre voluto difendere il principio di uguaglianza, rigettato l'idea dei figli di un Dio minore. Siamo ancora di questa idea».
La Corte di Strasburgo ha appena emesso una sentenza in cui dice che la legge 40 viola i diritti umani. Un duro colpo per lei?
«No, era prevedibile. Questo grado di giudizio ha procedure che facilitano sentenze ideologiche e lasciano molti margini di approssimazione. È successo molte volte che la Grande Camera di Strasburgo ribaltasse la situazione. Ad esempio con la sentenza sul Crocifisso. Quindi non mi scompongo. La legge 40 è una norma molto buona: più passa il tempo e più me ne convinco, guardando anche alle normative di altri Paesi».
Ma l'Italia è rimasto uno dei pochissimi paesi che dice no alla diagnosi preimpianto.
«E ce ne dovremmo vantare. Negli altri Paesi dove lo screening è permesso, la lista delle patologie per cui si può rinunciare alla gravidanza aumenta di continuo. Addirittura si può abortire se il piccolo potrebbe sviluppare un tumore in età avanzata».
Perchè Strasburgo parla di incoerenza tra la legge 40 e quella che permette di abortire se il bambino è malato?
«Ma quale incoerenza. No, la verità è che la legge 40 non è stata fatta per avere un figlio sano. Il principio al quale si è ispirata è quello di mettere le coppie sterili nelle stesse condizioni delle coppie fertili. Il principio è quello dell'uguaglianza, non della selezione della razza, nessuna diseguaglianza tra sani e malati. Nessun figlio di serie A e serie B. E poi attenzione a non confondere: la possibilità di abortire è contemplata, ma nel momento in cui c'è un problema di salute di ordine fisico o psicologico per la donna».
Cosa risponde a chi, riferendosi alla sentenza di Strasburgo, parla di sentenza di civiltà?
«Che civiltà c'è nel selezionare all'origine un bambino? Che umanità c'è nel decidere sulla base di una diagnosi, che è sempre basata sulle probabilità e mai sulle certezze, di uccidere un bambino con potenziali malattie?»
I genitori hanno diritto di sapere tutto?
«È questa la grande questione morale che si stanno ponendo alcuni bioeticisti. Il rischio all'eugenetica non è da sottovalutare. I genitori, lo Stato.

Fino a che punto vogliamo dare loro potere sulla vita che verrà? Se pensiamo che un feto abbia diritti, gli stessi di un adulto allora nessuno può avere il diritto di scegliere per lui. Quelli che invece credono che a vincere siano i più forti, allora non mi vengano a parlare di diritti per disabili».

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