Il dubbio lo scioglie Brunetta, quando durante il vertice di maggioranza con la vicepresidente dei deputati Pd De Micheli dice chiaro al ministro Franceschini che oggi si terrà l'atteso e temuto Ufficio di presidenza del Pdl. La notizia, in verità, rimbalza da mercoledì sera, dopo un incontro a Palazzo Grazioli tra Berlusconi e Alfano che non si sarebbe concluso nel migliore dei modi. E per tutta la giornata di ieri aleggia senza trovare conferma ufficiale. Il giro di telefonate dalla segreteria di Verdini ai 24 membri dell'Ufficio di presidenza parte infatti nel tardo pomeriggio, poco dopo che a Bruxelles Alfano ha detto chiaro e tondo che l'inchiesta di Napoli sul Cavaliere «non influirà sul governo».
Una riunione, quella di oggi, che è la cartina di tornasole del braccio di ferro interno al Pdl tra colombe e lealisti, con i secondi che chiedono la confluenza del partito in Forza Italia con conseguente azzeramento delle cariche e pieni poteri al presidente (cioè Berlusconi). Alfano, insomma, dovrebbe lasciare la poltrona di segretario, cosa che il ministro dell'Interno non gradisce affatto perché rappresenterebbe nei fatti una sorta di ridimensionamento. Oltre che la fine di quella che Costa chiama «immedesimazione organica» del partito nel governo, con le figure di vicepremier e segretario che coincidono. Non è un caso che tra le colombe siano in molte quelle che invitano Alfano a strappare definitivamente e creare subito gruppi parlamentari autonomi in sostegno dell'esecutivo (tra loro i ministri Quagliariello e Lorenzin). E di questo si parla nella riunione che Alfano tiene appena rientrato da Bruxelles con tutta la delegazione ministeriale del Pdl.
Alla decisione di convocare l'Ufficio di presidenza, infatti, si arriva dopo una giornata ad altissima tensione, con diverse e piuttosto accese telefonate tra Berlusconi e Alfano. Sono sotto assedio dal punto di vista giudiziario anche perché sono politicamente più debole, è il senso dei ragionamenti del Cavaliere. Che ad Alfano chiede di «pazientare» il tempo necessario a prendere in mano la nuova Forza Italia e reagire all'accerchiamento delle procure. Poi, dice l'ex premier, l'organigramma sarà riscritto e ci sarà spazio per tutti.
Ragionamenti che non convincono il vicepremier, ben consapevole che la partita che si sta giocando è più ampia e che i lealisti guidati da Fitto chiedono la sua testa. Non che Berlusconi voglia dargliela, perché nonostante i fatti del 2 ottobre Alfano è l'unico dei ministri del Pdl che il Cavaliere ancora «salva». Detto questo almeno a ieri sera Berlusconi sembrava deciso ad andare avanti, anche al rischio di una rottura perché questo diceva in privato «meglio perdere 30 parlamentari oggi che tutto il partito domani».
Salvo sempre possibili sorprese, dunque, l'Ufficio di presidenza dovrebbe sancire la confluenza in Forza Italia (dei 24 convocati, infatti, i filogovernativi sono solo 5). Eppoi dovrebbe toccare al Consiglio nazionale del Pdl formalizzare il tutto, magari proprio l'8 dicembre, giorno delle primarie per la segreteria del Pd.
Un passaggio del genere, ovviamente, complicherebbe non poco la navigazione del governo. Perché dice Bossi alla Carfagna in Transatlantico «se l'esecutivo dura Alfano e Letta avranno il tempo di far nascere la nuova Dc». «È Berlusconi insiste il Senatùr - che deve decidere cosa vuole».
Soprattutto dopo aver incontrato lunedì scorso ad Arcore Maroni e Calderoli. Che, pare, gli abbiano fatto presente che la Lega (che teme le urne e un possibile flop elettorale) lo seguirà fino ad un certo punto. Potrebbe essere questa una delle tante ragioni dell'accelerazione di ieri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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