Il Cav attende la Consulta ma non resta a guardare

L’ex premier assicura: "Il governo è forte, si è messo fine alla guerra civile". Però è pronto a rivedere tutto se la Consulta gli darà torto

Il Cav attende la Consulta ma non resta a guardare

«Berlusconi? Siamo in una fase che mi ricorda quella del dibattito sulle primarie del Pdl. Il Ca­valiere ha in mente un’idea ben chiara, ma per il momento si limita ad ascoltare i consigli dei fal­chi da una parte e delle colombe dall’altra. A tutti dice di sì, ma ho la sensazione che presto deciderà il da farsi... ». L’analisi, piuttosto lucida, è di un ex ministro che Berlusconi lo conosce bene e da molti anni. E che sa come una delle doti dell’ex premier sia quella di saper giocare con­temporaneamente su più fronti per decidere solo all’ultimo, proprio in dirittura d’arrivo, il da farsi.

Ha fatto così solo pochi mesi fa, quando mentre una buona fetta di partito celebrava il suo addio alla politica lui decideva a sorpresa di ricandidarsi a Palazzo Chigi. Farà lo stesso a breve, dopo il 19 giugno se la Corte Costituzionale dovesse respingere il ricorso sul legittimo impedimento nel processo sui diritti tv Mediaset. Se la Consulta – così la vede il Cavaliere quando ne discute in privato – dovesse «legittimare l’assalto giudiziario».Già,perché secondo il leader del Pdl non avrebbe altra spiegazione una decisione in cui la Corte Costituzionale stabilisse che non è impedimento legittimo il dover presiedere un Consiglio dei ministri in cui peraltro si discuteva il ddl anticorruzione.

A quel punto, è chiaro, si aprirebbe uno scenario difficile da decriptare. Di certo, infatti, c’è solo che si alzerebbe il livello di tensione con il Quirinale e con il governo. Con il Colle perché la Consulta non è certo avulsa dalle cose della politica e con l’esecutivo perché difficilmente le vicende giudiziarie del leader di uno dei due principali partiti della maggioranza posso restare circoscritte ai tribunali. Soprattutto se il diretto interessato – questo è il senso dei suoi ragionamenti è convinto che sia in atto un vero e proprio «complotto» per farlo fuori «per via giudiziaria ». Di sicuro, ha detto Berlusconi ieri a più di un interlocutore, «non starò a guardare».

Difficile, però, prevedere nel dettaglio le mosse del Cavaliere ipotizzando i soliti ed abusati «piani B» (anche perché in caso di crisi di governo il voto anticipato è tutto fuorché scontato). Di certo c’è che l’ex premier gioca su più tavoli: tiene aperto il restyling del partito (di cui si stanno occupando Denis Verdini, Daniela Santanché e Daniele Capezzone), non disconosce l’Esercito di Silvio (che in caso di condanna si prepara a protestare perfino contro i ministri del Pdl e dunque contro il suo stesso segretario) e continua a dire che «il governo è forte» e «mettendoinsieme centrodestra e centrosinistra si è messo fine ad una lunga guerra fredda, ad una guerra civile» (così in un’intervista a T9 ). Non c’è dubbio, insomma, che se salta il banco Berlusconi affonderà sul Colle e metterà all’angolo il governo su quelle misure economiche che chiede da tempo (restituzione dell’Imu, blocco dell’Iva, sgravi fiscali per l’assunzione dei giovani, riforma di Equitalia). Concetti su cui non a caso è tornato anche ieri auspicando anche il via libera al presidenzialismo con «l’elezione diretta del capo dello Stato».

Il partito, intanto, è in fermento. In via dell’Umiltà (presto la sede si trasferirà a piazza in Lucina) pare siano in tanti quelli che sono tornati a bussare alla porta di Verdini da quando si è saputo che insieme a Santanché e Capezzone si occupa del rilancio del Pdl.

Così come sembra che pure Raffaele Fitto stia diventando particolarmente gettonato dai suoi colleghi dopo che è diventato pubblico il suo strappo con Alfano e che qualche rumors lo ha accreditato come possibile vicesegretario.

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