A rasserenare il clima in vista del vertice di maggioranza di Palazzo Chigi - dove per cena sono attesi Alfano, Bersani e Casini - ci pensa poche ore prima Berlusconi. Che, nonostante il braccio di ferro in corso tra Pdl e Pd sui temi in agenda nell’incontro con Monti, non esita a ribadire pubblicamente l’intenzione di sostenere l’esecutivo. Insomma, un gesto di decisa distensione. «Dobbiamo tutti mobilitarci per ascoltare i nostri elettori - spiega l’ex premier in un messaggio inviato all’iniziativa Politika 2.0 organizzata dai giovani del Pdl - e per spiegare loro i motivi del nostro sostegno al governo tecnico». Come a dire che l’appoggio a Monti non è in discussione anche se, rispetto alle perplessità di una parte dell’elettorato del centrodestra, è necessario che il partito s’impegni ad argomentarne le ragioni.
Un’uscita, quella di Berlusconi, che arriva a poche ore dal tanto atteso vertice di maggioranza nel quale Alfano e Bersani si preparano a incrociare il fioretto sulla riforma del lavoro con Casini che si propone come dispensatore di «bromuro». Del quale, in verità, non ci sarà granché bisogno visto che né Pdl né Pd possono davvero sfilarsi da un’intesa sulla riforma del lavoro che Monti considera «in dirittura d’arrivo». Quel che possono fare è cercare un compromesso il più possibile vicino alle loro posizioni. «C’è la possibilità di un accordo, ma c’è ancora qualche problema», spiega Bersani. «Serve una riforma coraggiosa e che non penalizzi le piccole e medie imprese e i lavoratori», dice Alfano. Che ha affrontato la questione di prima mattina in una riunione con lo stato maggiore di via dell’Umiltà. E a declinare l’approccio magari un po’ diplomatico di Alfano ci pensano Massimo Corsaro («se pensano di scaricare i costi della riforma su piccoli imprenditori e lavoratori si sbagliano di grosso») e Guido Crosetto (che boccia la riforma senza appello).
Una linea, quella di più ferma opposizione nei confronti dell’esecutivo, che rappresenta un pezzo di Pdl ancora piuttosto scettico rispetto alle ricette di Monti. Tra loro, da mercoledì notte, si può ascrivere a pieno titolo un Giulio Tremonti che, ospite di Tg3-Linea notte, ha picchiato sul presidente del Consiglio e sulla sua politica economica come mai prima. «L’economia - ha detto l’ex ministro - sta andando molto indietro anche per effetto di provvedimenti sbagliati». E ancora: parliamo di un governo che «se si guardano i decreti è molto debole». Prima di insediarsi a Palazzo Chigi, insiste Tremonti, Monti «diceva che si doveva fare di più per la crescita» e oggi è come «il venditore di almanacchi Leopardi» (che ogni anno annunciava grandi e future fortune per poi ricredersi l’anno seguente). E l’ex titolare dell’Economia non ha dubbi: «Sui numeri siamo alla decrescita», senza contare che «a giugno saliranno le tasse sulla casa», «a settembre l’Iva» mentre «i rincari delle bollette» sono già arrivati. Insomma, un quadro cupissimo. Peraltro condito da decreti che «sono una roba inutile» e nei quali «non si capisce niente» di cosa c’è scritto: quello sulle liberalizzazioni è come «La patente di Pirandello», quello sulle semplificazioni porta solo «infinite complicazioni addizionali». Chiusa eloquente: e pensare che Monti «aveva detto di avere la ricetta magica».
Chissà, sarà anche un caso. Ma ancora una volta Berlusconi e Tremonti si trovano dai lati opposti della barricata. Con il primo deciso a sostenere il governo e il secondo che apre il fuoco come mai aveva fatto prima.
Mentre a Palazzo Chigi va avanti fino a tarda sera un vertice allargato anche ai ministri Passera, Fornero, Grilli e Severino e al sottosegretario Catricalà. D’altra parte, sul tavolo ci sono anche i nodi giustizia e Rai.