Accordo vicino. Forse. Vediamo. Ancora no.
La doppia uscita di Renzi su Corriere e Repubblica non fa ballare soltanto un Pd sempre più in difficoltà, ma per qualche ora riscalda anche le linee telefoniche tra Arcore e Roma. Verdini, infatti, è in costante contatto con Errani e Migliavacca, fedelissimi di Bersani. E pure Gianni Letta va avanti a tessere come sempre la tela del dialogo. Come Alfano che, sia mercoledì sia ieri, ha avuto colloqui telefonici diretti con il segretario del Pd.
Si lavora, insomma. E ad oltre un mese dal voto le posizioni sono decisamente più vicine. Le ipotesi in campo, almeno dal lato di Berlusconi, restano le solite tre: larghe intese e indicazione condivisa del futuro inquilino del Colle; governo Bersani e Quirinale indicato dal centrodestra; ritorno alle urne. Ed è sostanzialmente della prima che le due diplomazie in campo parlano ormai da qualche giorno. Si sarebbe infatti arrivati vicini ad un via libera per un successore di Napolitano che sia deciso d'intesa tra centrodestra e centrosinistra (i nomi più gettonati restano Amato e Marini ma non si esclude un outsider) ma resta lo scoglio di come articolare un governo insieme. Che il Cavaliere continua a volere di larghe intese, con ministri di Pd e Pdl. Ma che Bersani immagina invece con esponenti non politici che siano al massimo espressione dei partiti. Con un dettaglio non indifferente: il segretario del Pd pare continui a non volere i voti del Pdl per la fiducia al nuovo esecutivo, convinto di trovarli fra i grillini e deciso a non cedere le braghe davanti a Renzi. Potrebbe essere questo, alla fine il punto di rottura.
Si vedrà. Di certo c'è che la trattativa è in corso. E quasi certamente Berlusconi e Bersani si vedranno sul finire della prossima settimana, anche perché se davvero un accordo ci sarà andrà messo nero su bianco. Intanto, da Arcore arrivano segnali che invitano a non forzare i colpi sul Pd. Tanto che pure una che solitamente non le manda a dire come la Santanché si limita a derubricare Renzi come «un problema del Pd». A parte alcune dichiarazioni di esponenti del Pdl di prima mattina, insomma, l'ordine di scuderia è quello di non affondare né su Renzi né su Bersani. Sul primo per non rendergli la vita difficile, sul secondo per non far si che la sua trattativa con Berlusconi sia ancora più in salita (un pezzo del Pd potrebbe rinfacciarli di essersi mosso solo dopo l'input del sindaco di Firenze). Per dirla con le parole di Bonaiuti, «noi abbiamo spirito di responsabilità e non ci occupiamo degli altrui problemi».
Certo, che poi in privato Berlusconi abbia gradito l'uscita di Renzi è cosa piuttosto ovvia. Perché, come fa notare il Cavaliere nelle sue conversazioni telefoniche, «quel che ha detto oggi io lo vado dicendo da un mese». «O larghe intese o voto, è ovvio che non ci sono alternative», insiste l'ex premier. Ma pubblicamente, almeno per adesso, la linea è quella del silenzio.
Fuoco incrociato, invece, su Onida, l'ex presidente della Corte Costituzionale caduto nella telefonata-trappola de «La Zanzara». Contro di lui gli affondi di mezzo Pdl che ne chiede le dimissioni da «saggio» di Napolitano. Una situazione delicatissima, perché Onida definisce il suo incarico «inutile» e ha attaccato direttamente Berlusconi. Il caso lo solleva Quagliariello proprio mentre i saggi sono riuniti al Quirinale. Il Cavaliere, è ovvio, non la prende bene, anche perché Onida dice in chiaro quello che lui ha sempre pensato: i saggi servono solo a fare melina.
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