Il Cav: "Il governo non si tocca". Ma è tensione con il Quirinale

Il leader Pdl si lamenta coi suoi per il ruolo dei giudici di nomina presidenziale: "Accanimento giudiziario senza eguali: il tentativo di eliminarmi dalla politica dura da vent'anni". Fino a mezzogiorno Alfano era convinto che la sentenza sarebbe stata benevola

Il Cav: "Il governo non si tocca". Ma è tensione con il Quirinale

A differenza di quel che prevede il clichè e delle tante volte in cui il Cavaliere ha faticato a trattenersi, Berlusconi resta insolitamente tranquillo quando gli consegnano il comunicato con cui la Corte Costituzionale respinge il ricorso sul processo Mediaset. Bocciato su tutta la linea, non solo perché quel Consiglio dei ministri del marzo 2010 non viene considerato «impedimento assoluto» ma pure perché l'agenda delle udienze era già stata concordata e l'imputato non si è preoccupato neanche di fornire una data alternativa.
L'ex premier, però, non batte ciglio. La dichiarazione di sostegno al governo che uscirà sulle agenzie di lì a pochi minuti è infatti già pronta e limata in ogni dettaglio, segno che la decisione della Corte Costituzionale era attesa esattamente come è arrivata. «Ti aspettavi altro?», ripete infatti Berlusconi ai diversi interlocutori. Il Cavaliere, insomma, non si era fatto troppe illusione, consapevole – questo il ragionamento ripetuto negli ultimi giorni a chi ha avuto occasione di vederlo – che un gesto di pacificazione adesso non poteva arrivare. Troppo presto, secondo il leader del Pdl. E soprattutto troppo a ridosso della decisione della Cassazione sul lodo Mondadori. È questa, infatti, la vera partita su cui sta spingendo da tempo il «partito di Repubblica» e il gruppo di De Benedetti che aspetta dalla Cassazione la conferma di un risarcimento da 560 milioni di euro. E se la Consulta ieri si fosse pronunciata legittimando in qualche modo Berlusconi la strada del lodo Mondadori poteva farsi più complicata. Un processo, quello per i diritti tv, che non sarebbe mai esistito se nel 2002 Mediaset avesse fatto il condono tombale.
A differenza di quando la Corte Costituzionale bocciò il lodo Alfano, insomma, il Cavaliere non si scompone più di tanto. Nessuno sfogo, anche se la tensione con Napolitano è palpabile quando a sera incontra a Palazzo Grazioli i big del Pdl. D'altra parte non è un segreto che quattro dei cinque giudici di nomina presidenziale abbiano giocato un ruolo chiave nel respingere il ricorso in maniera così dura. Per il resto, la prima preoccupazione di Berlusconi è proprio quella di mettere in chiaro che «il sostegno al governo continua» e non è in discussione. La nota è già pronta dal primo pomeriggio e parte a stretto giro. Anche se contemporaneamente sono i ministri del Pdl – tra cui il vicepremier Alfano – a criticare duramente la Consulta tanto dal definire la decisione della Corte Costituzionale «incredibile». Una presa di posizione netta per chi è nel governo, a cui segue il gesto fisico di andare a Palazzo Grazioli proprio per dare un segnale anche visivo di vicinanza a Berlusconi. E dopo i ministri a sparare sui giudici costituzionali è praticamente tutto il partito, nessuno escluso, con toni che fanno pensare che difficilmente una simile equilibrio reggerà serenamente ai prossimi appuntamenti.
Già, perché nei giorni scorsi Berlusconi ha confidato a diversi interlocutori la preoccupazione per quello che definisce «un vero e proprio assalto giudiziario». Che avrebbe un solo obiettivo: «Vogliono farmi fuori per via giudiziaria, vogliono mettermi fisicamente in carcere». Ecco perché le prossime settimane saranno determinanti. Prima con la sentenza di primo grado su Ruby e poi con il lodo Mondadori e l'eventuale discussione in Parlamento dell'ineleggibilità del Cavaliere, calendarizzata per i primi di luglio.
Berlusconi, però, predica cautela.

Con i ministri che lo vanno a trovare, durissimi nella loro reazione anche perché alcuni di loro (Alfano e Quagliariello) erano molto ottimisti su un rinvio alla Cassazione. A loro e agli altri parlamentari che lo vanno a trovare a Palazzo Grazioli il Cav chiede «reazioni lucide». Non alzare troppo il tiro e non esagerare, è la parola d'ordine. Il governo – ripete – non è in discussione.

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