Neanche la presenza di Gianni Letta ad Arcore per l'intera giornata riesce a spostare il Cavaliere su posizioni più possibiliste. Silvio Berlusconi, infatti, continua a non riporre alcuna fiducia nelle ventilate «soluzioni» per le quali si starebbero seppur sottotraccia spendendo tra il Colle e Palazzo Chigi. In tre parole, non ci crede. E pensa che alla fine le cose saranno «lasciate a se stesse» come accaduto fino ad oggi. Il 9 settembre, insomma, i nodi arriveranno al pettine e la giunta per le elezioni di Palazzo Madama affronterà la questione della sua decadenza da senatore che sarà decisa al massimo entro fine ottobre con il voto favorevole del Pd. A quel punto il governo non sarà altro che un treno in corsa verso un muro. Ma non perché «io lo voglia far saltare», ripete in privato un Cavaliere che ancora negli ultimi giorni argomentava come la tenuta dell'esecutivo Letta sia importante per il Paese ma anche per la stabilità politica. Il punto è che «le due cose sono inconciliabili» perché è il ragionamento dell'ex premier come può il Pdl governare insieme a chi ha appena premuto il grilletto per far fuori il suo leader?
Un Berlusconi sfiduciato, dunque. Nonostante Gianni Letta abbia cercato come al solito di fornirgli argomenti a favore di una soluzione. Il problema, però, è che il Cavaliere di possibilità ne vede davvero poche, non tanto perché sia pronto a ribaltare il tavolo come lo racconta una certa letteratura, quanto perché è convinto che se si andrà al muro contro muro come è ormai probabile non ci sono grandi alternative all'implosione. «Conseguenze inintenzionali», spiega un big di via dell'Umiltà che ieri ha sentito l'ex premier. Insomma, «se Letta ha le ore contante non è certo per colpa mia».
E per Berlusconi i responsabili sono soprattutto due. Non solo il Colle, ma anche il premier Enrico Letta che fino ad oggi non si è speso affatto. Ma forse, è una delle riflessioni fatte dal Cavaliere, «non ne ha la forza». Magari «ha paura di spendersi in una battaglia nella quale finirebbe per soccombere dentro il Pd». D'altra parte, faceva notare Berlusconi nelle sue conversazioni private di ieri, l'esecutivo dà sempre più l'impressione di essere «inerte». E anche ieri il Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto varare la razionalizzazione della Pubblica amministrazione è stato rinviato.
Enrico Letta a parte, Berlusconi è comunque ormai convinto che la posizione del Pd sia «pregiudiziale». Non a caso, dice ai suoi interlocutori, «pur non avendo ancora letto la documentazione già hanno deciso di votare per la mia decadenza». Ecco perché alla percorribilità della strada dell'amnistia il Cavaliere non crede affatto. Il dibattito che si è aperto sulla proposta avanzata dai ministri Anna Maria Cancellieri e Mario Mauro, dunque, rappresenta l'ennesima prova che la posizione del Pd rispetto alla sua «agibilità politica» è «pregiudiziale» e «contra personam». È un'iniziativa - è il ragionamento che ha affidato ai suoi - che non parte da noi e su cui in passato i democratici si sono detti favorevoli ma al quale però ora si oppongono solo perché riguarda il sottoscritto.
D'altra parte, il Cavaliere non nasconde le sue perplessità su un Pd che a suo avviso ha «violato i patti» su cui è nato il governo. Patti che - è il ragionamento - prevedevano una pacificazione e che adesso Napolitano e Letta (nipote) non possono far finta di aver dimenticato. Si vedrà nei prossimi giorni. Oggi, intanto, i big del Pdl (falchi e colombe) sono attesi ad Arcore a pranzo per fare il punto della situazione.
Un vertice allargato a cui parteciperanno, tra gli altri, Angelino Alfano, Denis Verdini, Daniela Santanché, Sandro Bondi, Renato Brunetta e Renato Schifani, Mariastella Gelmini, Daniele Capezzone e la delegazione ministeriale del Pdl.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.