Una cena tra banchieri, politici e imprenditori che, nel suo piccolo, racconta il sistema Mps prima ancora dell'acquisizione di Antonveneta e del rapido declino del gruppo. Siamo in costiera Amalfitana, alla fine dell'estate del 2006. In una villa del re salernitano della pasta, Peppino Amato, convergono per cena un sindaco in carica (il salernitano Enzo De Luca) e uno che lo sarebbe diventato (Franco Ceccuzzi, all'epoca parlamentare Pd, poi primo cittadino senese), un parlamentare dell'Udeur (Paolo Del Mese) e un banchiere: l'ex numero uno del Monte dei Paschi, Giuseppe Mussari.
Si mangia e si beve, ma quella nella villa a Vietri sul Mare è una cena d'affari. Lo storico pastificio Amato ha appena sponsorizzato gli azzurri campioni del mondo di calcio, ma nonostante la grande visibilità non se la passa affatto bene. Ha bisogno di soldi, soprattutto per proseguire un investimento immobiliare - la trasformazione di un ex stabilimento in appartamenti di lusso, progetto firmato dall'architetto francese Jean Nouvel, curata dal ramo Real Estate del gruppo, la Amato RE - che dovrebbe risanare un po' i malconci conti dell'azienda con un giro di soldi «interno» al Gruppo: all'Amato RE servono 20 milioni di euro per pagare l'immobile al pastificio Amato.
Serve un finanziamento. E Mussari è lì per questo. Ce l'ha portato Paolo Del Mese, parlamentare Udeur, che ricopre l'incarico di presidente della commissione Finanze della Camera, una poltrona strategicamente importante per chi guida una banca. L'altro senese è Ceccuzzi, il sindaco recentemente commissariato della città del Palio e della banca, ultimamente accreditato come «nemico» del vecchio management Mps, indicato dal suo partito come il nuovo che avanza. A cena c'era anche lui. De Luca, il «supersindaco» di Salerno, era lì perché «c'erano in ballo le concessioni edilizie», racconta Del Mese al pm quando si ritroverà arrestato e poi indagato per il crac Amato. Perché sia il pastificio che l'immobiliare di famiglia falliranno, schiacciati dai conti in rosso, e Del Mese - secondo gli inquirenti - mentre il gruppo agonizzava continuava a incassare somme di danaro dagli Amato. Una stecca, sostiene il pm, mentre l'interessato parla di prestiti in amicizia, e gli Amato sostengono che si sentivano «obbligati» con il parlamentare.
Ma l'inchiesta è storia di là da venire, quel giorno di settembre. Quando la cena - fu servito capretto con patate, secondo indiscrezioni - sortisce il risultato per cui è stata organizzata. Il pericolante impero della pasta incassa il finanziamento. Nelle casse di Amato RE, nonostante le evidenti e note difficoltà economiche del gruppo, piovono 27 milioni di euro, e quasi 17 sono erogati da Mps. Come detto, però, l'iniezione di fondi non serve a molto: il gruppo Amato crolla, e lascia un buco di quasi 60 milioni di euro. Manco a dirlo, il progetto residenziale cola a picco con tutto il resto. Nel 2009 si fa in tempo a posare la prima pietra, poi stop. I soldi concessi con tanta facilità svaniscono, scivolano via in mille rivoli, inseguiti dalla procura di Salerno.
Al Monte dei Paschi, a quel punto, non restano che le briciole: pignorare il pignorabile, ovvero le quote dei due ex soci dell'immobiliare di famiglia in quel cantiere inoperoso. E a Mussari, che per la vicenda non è indagato, resta solo il rammarico per l'improvvido prestito, concesso chissà perché. Ma l'ex presidente, adesso, ha guai più grossi a cui pensare.