Roma - Anche i Cetto La Qualunque tengono famiglia e non una qualunque, pertanto la satira politica è sospesa causa parentele di governo. Effettivamente o affettivamente la moglie di Antonio Albanese, Maddalena Gnudi, è figlia del ministro del Turismo Piero Gnudi e quindi la presa per i fondelli della classe politica da parte del marito sarebbe quantomeno inopportuna. I sedici milioni di euro di incassi per il film sul politico calabrese arraffone e sciupafemmine non saranno bissati perché il bis non si fa. Albanese si butta su altro, torna al comico senza riferimenti nemmeno lontani alla politica, in attesa di un ritorno del berlusconismo, grande manna della satira italiana altrimenti in seria crisi di ispirazione.
Ma come, con tutte le macchiette che il governo tecnico propone alla creatività comica di un Albanese (tipi come Giarda, la Fornero, Grilli o lo stesso Gnudi), Albanese si rimette a fare il dj foggiano «Frengo e stop », o il filosofo contemporaneo cocainomane Mino Martinelli che passa «sei mesi a Ibiza e sei a Panarea» e dice cose come: «I giovani di oggi sono spesso più giovani di noi»?
Il motto di Cetto («‘Ntu culu alla crisi») era perfetto anche per la versione tecnica della legislatura iniziata con Berlusconi. E il sequel sembrava scritto nel finale del film, come ricorda Italia Oggi: l’approdo a Montecitorio del cialtrone La Qualunque. Invece niente, non si fa. Occasione sprecata, ma è meglio aspettare il 2013 per non avere imbarazzi coi suoceri.
Il regista del film che sta girando è sempre Giulio Manfredonia, quello che presentando Cetto diceva che «non è un film su Berlusconi, ma è arrivato il momento di seppellirli con una risata». A questo Albanese aggiungeva che malgrado la finzione comica, il personaggio di La Qualunque, che nei comizi chiede il voto promettendo « cchiù pilu pe’ tutti», «meno verde più cemento» e «basta con la giustizia!», era più moderato di certi politici veri, cioè nello specifico dell’allora premier Silvio Berlusconi.
Anche se la sua satira non si è mai personificata in un politico reale. Solo una volta, forse. Quella gag a Che tempo che fa , nel 2008, quando Cetto annuncia la vittoria di Berlusconi. Subito si blocca, inizia a piangere, diventa Antonio Albanese che chiede a Fazio: «Fabio, hanno vinto? Allora quello che ho fatto non è servito a niente». Di norma Albanese è più astratto, il perché lo spiega lui: «I cambiamenti degli italiani sono più profondi del trasformismo di chi comanda. Per questo non credo nella satira diretta di alcuni personaggi famosi. Dietro Berlusconi ci sono i milioni di berluschini o di Perego (Ivo Perego, imprenditore del Nord, altro suo personaggio, ndr ) che l’hanno fatto diventare un fenomeno. Sono questi che mi interessano». E dove potrebbe mai trovare milioni di montini, fornerini o gnudini per interessarlo altrettanto? Non ne esistono, perché la specie tecnica non ha un’umanità di base che la emula. Anche di qui la pausa satirico-politica di Albanese, che non rientra nella tipologia abusata del comico di sinistra. Lo fa ridere «il pentitismo continuo, grottesco della sinistra. E anche la disponibilità, soprattutto nel passato, a svendere i propri princìpi in nome di una malintesa modernità. L’intellettuale di sinistra ha confuso la serietà con latristezza». «L’unico grande problema che ho con la sinistra, è quel comportamento molto borghese, mediocre, inutile, che in un certo apparato esiste».
Tanto vale prendersi una pausa, virare sul comico senza sfondo politico, e aspettare tempi (e ministri) più adatti per rimontare il palchetto dei comizi di Cetto La Qualunque («Mi voti? Avrai un lavoro e una casa. Non mi voti? ’Ntu culu a ttia e a tutta a famigghia»). Coi tecnici c’è poco da ridere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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