«Il Cev c’è», ma alla festa rossoblù la sedia resta vuota

«Il Cev c’è», ma alla festa rossoblù la sedia resta vuota

Bologna«Il Cev c’è», era il suo motto e Maurizio Cevenini allo stadio non mancava mai. La sciarpa e la cravatta rossoblu erano il suo amuleto anche nelle occasioni ufficiali. Gli avevano appiccicato addosso l’appellativo di «sindaco dello stadio». Un po’ era vero, un po’ era un modo per ricondurre la sua popolarità più alla fede calcistica che all’impegno politico. Cevenini lo indossava con ironia, questo appellativo; e ogni domenica, al Dallara, stringeva mani e amicizie bipartisan che gli sono sempre valse stima e simpatia ma anche qualche accusa di «inconsistenza politica».
Martedì sera, la torta del Club dei tifosi era già sul tavolo, ma la sua sedia era ancora vuota. Lui non aveva mai deluso nessuna attesa, mancato nessun appuntamento. Cinquecento persone coi colori della squadra del Bologna dipinti addosso, sedute festanti accanto ai loro campioni, aspettavano solo lui. Contattato al telefono, fino all’ultimo aveva assicurato che sarebbe arrivato. Ma a quella cena, il «Cev» non l’hanno mai visto. La sua Smart rossoblu non ha mai lasciato il parcheggio della Regione dove la sua vita si è spenta in un drammatico gesto. Intanto la festa dei tifosi andava avanti senza il suo banditore ufficiale, senza il presidente dell’associazione «Futuro Rossoblu». Un’altra impresa, quest’ultima, condivisa un anno fa con l’amico Gianni Morandi per salvare la società dal fallimento. Sport e politica, quando il cantante aveva appoggiato con schiettezza la sua candidatura a sindaco: «Di certo ama Bologna - aveva detto - Questa volta diamogli una chance».
Il «Cev» lo aveva accompagnato a visitare la sala del consiglio comunale perché, insieme a Lucio Dalla erano un trio indissolubile. Gli amici dello stadio perché qui, «Il Bologna è una fede» e per Cevenini era anche un intreccio costante con la sua attività politica. Era quel nastrino rossoblù legato al microfono del suo scranno. Era quel tocco di bolognesità sempre presente a sostenere un claudicante Virginio Merola che, durante la campagna elettorale delle amministrative dello scorso anno, aveva inanellato una serie di gaffes. Il candidato del Pd arrivato da Caserta non masticava il calcio e in un’intervista radiofonica aveva spedito la squadra, ormai salda in A, in serie B. Un errore imperdonabile per l’orgoglio rossoblu che tinteggia le Due Torri e, di nuovo, il «Cev» a metterci una pezza rilanciando il sapore dei tortellini sul candidato arrivato dal Sud e ancora troppo lontano dallo stadio.

Il Bologna FC 1909 ieri ha chiesto di giocare l’ultima di campionato con il lutto al braccio, in sua memoria.
Intanto le sue tre bacheche Facebook sono inondate di messaggi, lui, uno degli ultimi lo aveva dedicato alla partenza di Marco Di Vaio, uno dei commensali che l’altra sera, alla festa, lo ha aspettato invano.

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