Che ridere i moralisti travestiti da paladini del «povero» Tonino

Il soccorso rosso di Santoro & Travaglio: "Report" in tv smaschera l’ex amico pm e loro smontano l’inchiesta della Gabanelli. Se fosse stato il "Giornale" apriti cielo...

Che ridere i moralisti travestiti da paladini del «povero» Tonino

Dito nell’occhio. La Gabanelli e Report hanno messo il dito nell’occhio di Di Pietro che si è pietrificato davanti alle sue telecamere e ha fatto una figuraccia senza se e sen­za ma. Conseguenza? La conseguenza è stata che San­toro su Servizio Pubblico e Marco Travaglio sul Fatto so­no partiti al soccorso dell’infortunato Tonino e hanno speso tutti i loro mezzi professionali, che so­no molti, per rimette­re in piedi l’amico ca­duto da cavallo. Lo stesso Di Pietro, invi­tato nel dopo partita a rigiocare la partita, è stato persino spiri­toso da Santoro quan­do ha ammesso di parlare «dipietrese» e di essersi dato la zappa sui piedi con il suo eloquio tenten­nante, compresso, impacciato. Ed è così che lo avevamo pri­ma visto durante l’in­terrogatorio cui lo ha sottoposto Report: tentennante, com­presso e impacciato, uno con la coda tra le gambe e almeno mezza coda di paglia. E questo in politica -dove l’ap­parire è infinitamente più im­portante dell’essere ( Berlusco­ni ne sa qualcosa) - conta mol­tissimo. Stiamo parlando di una storia- quella degli appar­tamenti di Di Pietro, le sue pro­prietà immobiliari, eredità pa­terna inclusa, il travaso di affit­ti di partito su mutui - in cui l’apparire è tutt’altro che lim­pido.

Di Pietro ha messo le mani avanti ricordando che la magi­stratura ha già certificato con sentenza la liceità del suo com­portamento.
E sia, però qui non stiamo parlando di un’in­chiesta penale ma di giornali­smo. E il giornalismo fa il suo duro mestiere portando i pan­ni sporchi in piazza, creando e mostrando situazioni imba­razzanti perché questo è il suo mestiere. Mitt Romney si è pro­babilmente dato la sua di zap­pa­sui piedi quando ha pronun­ciato una frase infelice: «Mi so­no fatto mandare due casse di donne...». Voleva dire: due cas­se di curricula di donne straor­dinarie. Una sintesi frettolosa, una presidenza perduta. La po­litica e il giornalismo sono fatti così: quel che appare, le facce che si fanno, le gaffe che sfug­gono al controllo, l’impressio­ne delle troppe proprietà, crea­no il caso e mettono in gratico­la il politico, il quale impallidi­sce e si trincera nel ritornello degli «Embè? Che problema c'è?».
Non vogliamo qui passare al setaccio le colpe vere o presun­te di Tonino Di Pietro. Ma vo­gliamo mettere il nostro dito nell’occhio del soccorso ros­so. I più giovani non sanno che cos’era il soccorso rosso:si trat­tava di una organizzazione del Pci che scattava quando c’era da proteggere un compagno colpito dalla legge, dalla magi­stratura, da accuse gravi e quando si trattava anche di far­lo «esfiltrare», cioè far fuggire di patria e spedirlo nella Ceco­slovacchia di Radio Praga (re­dattore principale Sandro Cur­zi, poi direttore storico del pri­mo Tg3).
Oggi non c'è radio Praga, il mondo è un altro, i parametri sono altri, ma quel che resta è il soccorso al compagno in dif­ficoltà. Il compagno in difficol­tà era Di Pietro e a metterlo in difficoltà era stata la trasmis­sione Report della Gabanelli, una giornalista come non se ne trovano più e che gode di meritata stima e altrettanto meritata invidia. Al soccorso rosso, o se si preferisce viola, si sono precipitati Michele San­toro con il suo «Servizio Pubbli­co » e Marco Travaglio sul «Fat­to ». Entrambi sono perfetta­mente attrezzati sul piano pro­fessionale e hanno fatto bene il loro lavoro di soccorritori: Santoro è stato morbido e fic­cante, Travaglio ci è sembrato nel suo scritto un po’ meno ela­stico e scoppiettante del solito e anzi a sua volta impacciato dall’impiastricciato pasticcio di cui si sforzava di trovare il bandolo. In televisione, poi, lo stesso Di Pietro ha dato il me­glio di sé facendoci ridere de­precando il suo stesso «dipie­trese » e insomma lo spettaco­lo è stato persino godibile. Ma il punto resta: Santoro e Trava­glio hanno preso le distanze da Report e dalla Gabanelli col­pevoli, come dicono a Londra, di aver fatto a Di Pietro un culo così. Se a farlo, invece della Ga­banelli fossero stati il Giornale o Libero , Travaglio e Santoro avrebbero avuto vita più facile attingendo dal loro repertorio del disprezzo, della nausea e dell’altezzosità moralistica. Ma poiché si trattava invece della Gabanelli hanno dovuto scappellarsi ogni due minuti ripetendo quan­to rispetto e quanta conside­razione hanno per la brava e spietata inchie­stista. Così, pri­gionieri di una matassa di presa di distanze, han­no compiuto al­la meno peggio l’operazione di pronto soccorso all’Idv e al suo capo, nonché padre padro­ne, fondatore, gestore e affit­tuario proprietario.
E per quanto abbiano poi melassato, glassato, imburra­to e glicerinizzato i loro proiet­tili, il fatto resta: quando nel tri­tacarne ci finisce un compa­gno di lotta, corriamo tutti a salvarlo e fatichiamo quel che c’è da faticare per lavare il suo volto inzaccherato, stirargli la camicia spiegazzata e pettinar­gli i capelli col gel.

Ma tutto ciò, tradotto in termini politici, vuol dire che Santoro e Trava­glio sono corsi a mettere una pezza a colore sul danno politi­co procurato a Di Pietro da un reportage giornalistico e lo hanno fatto tentando, con stru­menti giornalistici, di ridurre quel danno politico, facendo politica. E questo, se permette­te, non è giornalismo ma solo politica. Diffidare delle imita­zioni.

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