Che tristezza il papà di Karima rimproverato dalla presidente

La ramanzina della giudice: "Parli in arabo, c’è l’interprete". La Faggioli giura: "Solo cene eleganti. Ci aiutava da amico"

Che tristezza il papà di Karima rimproverato dalla presidente

Si lascia cadere sulla panca di legno e re­sta seduto sul bordo come si fa sugli autobus troppo pieni, anche se avreb­be tutto il posto per sé. Si aggrappa a un ba­stone di legno e mette in bella mostra le ma­ni robuste: ha un grosso anello all’anulare destro e le dita screpolate. Ha i capelli bian­chi, una faccia di spigoli ostinati, induriti da una pelle come cartone da imballaggio, di quelle che per troppi anni hanno fatto a bot­te col sole. Si è messo l’abito grigio spento, largo di spalle e lungo di maniche, e i mocas­sini neri un po’ sfondati. Le calze, sotto, so­no corte. Di sicuro. È piccino ma quadrato, malandato ma furente. Pensare che da quel padre sia venuta fuori Ruby Rubacuori, fa ve­nire in mente una scommessa genetica. Ve­dere quell’ometto in attesa davanti all’aula al primo piano del tribunale di Milano, se­zione penale, quella fuori dalla quale di soli­to ( e anche ieri) si forma una specie di back­stage fatto di tacchi o ballerine, di chiome femmine o code di cavallo, di cene eleganti o racconti di danze di baldoria, è una specie di rinculo di senso. Finalmente, o purtrop­po, tocca a lui. Mohammed El Mahroug, pa­dre di Karima detta Ruby. Entra, si trascina al banco dei testi e a fatica si lascia ricadere. «In piedi» gli intima la presidente «legga il giuramento». E quello si aggrappa al tavolo, e poi al bastone e non ci riesce lo stesso. C’è un rumore di silenzio che fa fredda l’aria. Lui ricasca sulla sedia. E poi ci riprova. E di nuovo non ci riesce. E fa per dare un’altra spinta. Quando in quattro si lanciano per aiutarlo. Invece ce la fa da solo. E si fa sotto alla presidente che si oppone: «Stia al suo po­sto ». Fa un passo avanti e poi due indietro, al rallentatore. Le domande cadono nel vuoto e gli chiamano un interprete. Si sistema e ri­prende coraggio, anticipa la traduzione per­ché ha fretta di dire. E la presidente lo ripren­de: «Per favore, parli in arabo! Abbiamo chiamato apposta l’interprete». Ha fretta di dire di quella figlia nata povera con un meta­bolismo da ricca, allergica alla tirannia del­le regole, spregiudicata nel trasformare un padre, venditore ambulante, in un impren­ditore nel settore dell’ingrosso. Sembra non aver mai fine la testimonianza di Mohammed El Mahroug, ma per fortuna fi­nisce.

Si ricomincia col backstage. Sotto allo sguardo guarnito di ironia della presidente della Corte: c’è glassa di disapprovazione e cola dappertutto. Elisa Toti, da Siena, quella che se fa tardi la notte il giorno dopo è stravol­ta. Quella che ha una mamma di «vecchio stampo» (o, meglio, «vecchio conio», direb­be Paolo Bonolis) e che quindi, al telefono, dopo le serate ad Arcore chiedeva alla figlia «quanto ti ha dato?» e traduceva 6mila euro in 12 milioni. Elisa che entra spavalda e poi si chiude la camicetta e arriccia le labbra e in­gobbisce la schiena quando le viene chiesto delle toccatine, degli spogliarelli e di un sac­co di altre cose c­he non hanno rilevanza pro­cessuale ma che fanno arrossire le guance. E poi c’è Barbara Faggioli, detta Barby che avrebbe potuto anche entrare in politica, e che di Silvio Berlusconi parla come un’inna­morata. Anche se il termine che frequenta di più è «amicizia» e non parla di «regali» ma di «aiuti» (con grande irritazione della presi­dente della Corte), e racconta di un Cavalie­re affettuoso come un «padre» che le consi­gliava di uscire dal mondo «effimero» della moda. Un uomo meraviglioso che lei e la Mi­netti, in «codice», chiamavano «Betty». E poi c’è Ioana Visan: lineamenti puliti, quasi disinfettati. Lo sa anche lei che questo non è un buon posto per usare i suoi 25 anni e forse passerà dei guai per non aver voluto rispon­dere alla domanda: «Lei ha avuto rapporti sessuali con Silvio Berlusconi? Guardi che è tenuta a rispondere». «Mi scusi, ma questo fa parte della mia sfera privata, della mia inti­mità » resta ferma col filo di rame delle sue corde vocali. Ha il candore necessario per vincere sapendo di perdere. E arriva pure la russa Raissa Skorkina, una specie di Valchi­ria imbolsita, ha i capelli biondi, le bretelle e i pantaloni alla zuava. È accompagnata dal suo «personal trainer» che ha lo sguardo più triste di lei e un aspetto da prussiano, come tutti quelli con il viso appiattito dai pugni. Scoppia in lacrime la biondona: «Sesso con Berlusconi? Non si permetta... Non sono car­ne da macello. Io sono pura».

Raissa era l’ul­tima. Ma in mezzo, in realtà, ce ne sono state altre. «Alzatevi in piedi quando entra la Cor­te » vibra la presidente ripresentandosi in au­la «è il minimo rispetto nei confronti di un tri­bunale della Repubblica italiana».

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