Il ricordo, un pensiero dalla finestra del palazzo apostolico. «Una preghiera» per il predecessore. «Che il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca». Joseph Ratzinger, citato come «vescovo emerito» dal nuovo «vescovo di Roma». E poi una telefonata. «Il Papa ha telefonato subito dopo l'elezione a Benedetto XVI e nei prossimi giorni andrà a trovarlo» svela il portavoce vaticano padre Federico Lombardi. Un evento storico e unico, forse già oggi, come si lascia sfuggire a notte fatta Timothy Dolan, l'arcivescovo di New York. Per il nuovo eletto un predecessore del Papa da ringraziare e da chiamare non c'è mai stato.
E, soprattutto, non si tratta di un cardinale qualunque. Ma del porporato che contese, fino all'ultimo scrutinio nel 2005, l'elezione a Joseph Ratzinger. Sul nome del gesuita argentino si erano concentrate le preferenze che inizialmente erano andate al cardinale Carlo Maria Martini, gesuita come lui. I sostenitori dell'arcivescovo di Buenos Aires decisero di resistere a oltranza, sperando in una situazione di «stallo» che bloccasse la strada al cardinale tedesco. Ma nella votazione decisiva molti si sfilarono dando il via libera a Benedetto XVI. Otto anni dopo tocca a Jorge Maria Bergoglio, quel consenso non si è sbriciolati. Ma lui, Francesco, ha voluto omaggiare il predecessore. Nessuna ricerca di rivincita, nonostante la profonda diversità tra i due, quasi uno l'opposto dell'altro. Al di là delle differenze, personali, di stile, di idee sulla Chiesa e sull'evangelizzazione, emerge un profondo rispetto tra Bergoglio, il rivoluzionario, e Ratzinger, il conservatore.
Un mese fa, il giorno dopo l'annuncio al concistoro, da «semplice vescovo che viene quasi dalla fine del mondo» aveva commentato le dimissioni definendole «un gesto rivoluzionario. Si parla di un Pontefice conservatore» aveva detto il futuro Papa, ma in realtà con il suo annuncio Benedetto XVI «ha fatto voltare pagina dopo 600 anni di storia. Credo sia stata una decisione meditata davanti a Dio e molto responsabile da parte di un uomo» che ha evitato di «sbagliare o di lasciare la decisioni in mani altrui». Il Papa è «un uomo che decide le cose alla presenza di Dio. È uomo pacifico e mansueto, che ha difeso i principi, senza mai attaccare le persone» aveva detto Bergoglio, evidenziando tra i meriti di Ratzinger la «ricerca dell'unità» e un magistero segnato da «grande bellezza, semplicità e profondità».
Un nome inatteso, quello di Bergoglio, anche per la stessa famiglia Ratzinger. Come racconta il fratello del Papa emerito, Georg: «Sono del tutto sorpreso. Non era nella mia lista». E poi rivela che nelle ipotesi fatte con il fratello l'eventualità di vedere l'arcivescovo argentino al suo posto non l'aveva sfiorato: «Mai menzionato questo nome».
Ma tra i due Pontefici c'è un legame. Il nome Francesco richiama le parole del santo di Assisi usate da Benedetto XVI nel salutare i cardinali e promettere incondizionata «riverenza e obbedienza» al successore.
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