Colle e governo cercano una soluzione su Sallusti

Se nessuno interviene tra 29 giorni il direttore andrà in cella. Adesso si muove la politica: c'è l'ipotesi di un decreto, ma si valutano anche altre strade

Roma Sono Giorgio Napolitano e Paola Severino a cercare il modo, ora, di far fronte alle conseguenze della clamoro­sa condanna al carcere per diffamazio­ne confermata dalla Cassazione ad Ales­sandro Sallusti. Il caso del direttore de il
Giornale dà,
finalmente, una scossa alla politica ed è in arrivo una nuova legge per correggere, dopo quasi 70 anni, quella attuale.
La Guardasigilli sale sul Colle in matt­i­nata e poco dopo una nota del Quirinale chiarisce che il capo dello Stato e il mini­stro
«hanno convenuto sulla esigenza di modifiche normative in materia di diffa­mazione a mezzo stampa, tenendo con­to delle indicazioni della Corte europea di Strasburgo, non escludendo possibili ricadute concrete sul caso Sallusti».
La volontà di intervenire, subito e an­che sulla vicenda specifica, è chiara. A trattare perché si giunga a una soluzione sono l’ex premier Silvio Berlusconi, Gianni Letta, il presidente del Senato Re­nato Schifani, e il sottosegretario Anto­nio Catricalà. «Il tema- dice Paola Seve­rino- è maturo». La strada più probabile sembra quella parlamentare, ma con
una corsia preferenziale, anche se anco­ra non è escluso un decreto legge che il premier Monti, di ritorno oggi dagli Usa, potrebbe firmare nei prossimi giorni, né la grazia.
La nuova norma che per questo tipo di reati trasformerebbe il carcere in pena pecuniaria, non avrebbe solo effetto per il futuro ma sarebbe retroattiva. E la de­tenzione di 14 mesi per il direttore de
il Giornale , sospesa per 30 giorni, potreb­be trasformarsi in una multa. È già previ­sto nell’articolo 2 del Codice penale, che per il principio del favor rei se viene abolito un reato o si cambia la pena da detentiva a pecuniaria, la norma si ap­plichi retroattivamente anche nel caso di condanna definitiva. Gli esperti la chiamano «retroattività illimitata».
È necessario, per Napolitano e la Seve­rino, adeguarsi al principio basilare fis­sato dalla Corte europea dei diritti del­l’uomo: punire con il carcere un reato a mezzo stampa non è compatibile con la libertà di espressione dei giornalisti,ga­ra­ntita dall’articolo 10 della Convenzio­ne per la salvaguardia dei diritti dell’uo­mo.
La prigione, per i giudici di Strasbur­go, può essere solo l’ extrema ratio ,inca­si gravissimi, come l’incitamento al­l’odio o alla violenza. Anche l’assem­blea parlamentare del Consiglio d’Euro­pa chiede dal 2007 la depenalizzazione del reato e così l’Osce.
La Guardasigilli, poi, ha spiegato che la riforma dovrebbe uniformarsi al­l’orientamento europeo in particolare sulla figura del direttore responsabile e il reato di omesso controllo. In questo ca­so, infatti,Sallusti non ha scritto l’artico­lo giudicato diffamatorio verso un giudi­ce torinese, ma ne risponde oggettiva­mente come direttore di
Libero quando nel 2007 fu pubblicato il pezzo firmato con lo pseudonimo Dreyfus. Solo ora si scopre che l’autore era Renato Farina, deputato Pdl. Per il legale di Sallusti, Vin­cenzo Lo Giudice, ciò potrebbe rappre­sentare una nuova prova, sufficiente per chiedere la revisione del processo. Ma ci vorrebbe il consenso del direttore, che non c’è.La nuova legge,allora.E il mini­stro della Giustizia, più che quella del de­creto, indica due strade percorribili: «Si può riprendere la proposta pendente in Parlamento e calendarizzarla veloce­mente, oppure un ddl del governo. Cre­do però che un ripescaggio del ddl in commissione potrebbe consentire un’approvazione rapida,magari in sede deliberante.

Sarebbe una soluzione,l’in­tesa di massima sui contenuti c’è». An­che il vicepresidente del Csm Michele Vietti auspica una modifica della nor­ma, ma aggiunge che rimane grave il rea­to di chi lede la reputazione altrui.

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