Colpo in gioielleria del bandito per debiti

Colpo in gioielleria del bandito per debiti

GenovaLa disperazione contro il terrore. Due facce della crisi si scontrano, si affrontano sulla porticina del retro di una gioielleria di Genova. All’ora di chiusura. Un rapinatore per caso e per debiti contro un orefice che vive nell’incubo di essere vittima della violenza dilagante in zona. Vince chi ha un motivo in più dell’altro per spuntarla: l’orefice ha accanto a sé la moglie. Anche lei viene aggredita, minacciata con la pistola da quell’uomo con il casco integrale e dal suo complice che li sorprendono proprio mentre stanno uscendo per tornare a casa. E così un colpo, l’unico colpo, parte dall’arma che il negoziante riesce ad afferrare tra un calcio e uno spintone. Il rapinatore per caso sente una fitta al fianco e decide che la sua carriera di bandito inizia e finisce in quell’istante. Scappa a piedi, insieme al complice. Poi ricompare poco più tardi, un’ora al massimo, in ospedale.
Tanto vale confessare: «Sì, sono io il rapinatore della gioielleria - racconta Giuseppe Riggio ai poliziotti che arrivano al pronto soccorso del Villa Scassi di Sampierdarena -. L’ho fatto perché sono pieno di debiti, perché Equitalia mi sta strozzando». Un rapido controllo negli archivi e il nome di Riggio - 49 anni, operaio edile disoccupato - non figura nell’elenco dei pregiudicati. È veramente la sua prima volta da delinquente. Ora resta da chiarire a quanto possa ammontare il suo debito che l’agenzia di riscossione pretende. Ma che il gesto possa essere stato organizzato così, su due piedi, senza una preparazione da rapinatore professionista, lo si capisce dalla ricostruzione fatta dai poliziotti della squadra mobile genovese.
Il racconto dell’orefice rapinato è concitato. E riparte da quegli attimi in cui sembrava dover finire la solita giornata di lavoro, trascorsa senza neppure la soddisfazione di un buon incasso. Riggio e il suo complice però hanno puntato proprio la gioielleria di Sandro Carrossino, 57 anni. Entrano dal portone del condominio accanto, perché nell’androne c’è la porta di servizio del negozio. Hanno una pistola, una Beretta 7,65, ma non vorrebbero usarla. Ai banditi per caso manca anche la freddezza necessaria a portare a termine un colpo senza rischi. Per questo si avventano sul gioielliere e sulla moglie. Li colpiscono per intimorirli, ma è proprio a quel punto che Carrossino, in un momento di terrore, istintivamente cerca la sua pistola: «L’ho presa quando ho visto che quei due si scagliavano contro mia moglie - racconta ai poliziotti -. Ho sparato, ne ho ferito uno». La descrizione dei due rapinatori è sommaria, anche se attraverso i caschi, il gioielliere ha notato due volti non giovanissimi. Anche il fatto che i due siano fuggiti a piedi mentre sul posto cercavano di arrivare i primi poliziotti, sembra confermare l’ipotesi di un colpo mal organizzato.


Le certezze arrivano un’ora più tardi, quando Giuseppe Riggio, accompagnato dal fratello, arriva al pronto soccorso di Sampierdarena con una ferita da arma da fuoco al fianco. Nessuna voglia di negare l’evidenza. Solo occhi bassi e lacrime per confessare la sua debolezza: «L’ho fatto per debiti, Equitalia mi sta strozzando».

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