Giallo sul fiume Tevere. Un colpo di pistola esploso a bruciapelo, sulla fronte, con precisione chirurgica. Tanto che nemmeno il medico legale, al primo esame, se n'era accorto. È morto così Daniele Lo Presti, 43 anni, «paparazzo» di professione per l'agenzia fotogiornalistica Lapresse, calabrese di origine ma da 20 anni nel cuore della capitale. Il fotografo dei vip, famoso per i suoi scoop in rosa, sembrava avesse avuto un malore mentre faceva jogging.
«Il foro di entrata del proiettile - ammettono all'Istituto di Medicina legale del policlinico Gemelli di Roma - è piccolo tanto da essere coperto dall'ematoma». Emaciato alla testa per la caduta a terra, gli investigatori avevano dunque pensato a una tragica fatalità. È la Tac a scoprire l'ogiva conficcata nella scatola cranica. E ad aprire un nuovo, inquietante, scenario. Chi ha ucciso Daniele, persona solare, allegra, un grande trascinatore? Un soprannome, Johnny, come quel Johnny Stecchino interpretato da Roberto Benigni, conquistato «sul campo» davanti a tavolate di amici e spaghetti all'arrabbiata. «La cucina era una delle sue passioni - raccontano commossi i colleghi -. Voleva aprire un locale a Londra. Faceva grandi cene a casa sua, a piazzale della Radio. Il jogging l'aveva ripreso da poco». «Due settimane, per rimettersi in forma» diceva.
È il dirigente del commissariato Monteverde, il vicequestore Mario Viola, a ricostruire le ultime ore di vita di Lo Presti. «Mercoledì, vicino la sede Rai di via Teulada (dove avrebbe anche parlato con Rosario Fiorello ndr), si mette d'accordo con un paio di amici per andare, nel pomeriggio, a fare una corsa sul lungotevere, tra il quartiere Testaccio e Porta Portese. Uno di questi, non vedendolo arrivare all'appuntamento in via Portuense, comincia l'allenamento in solitaria. Nel frattempo un passante nota un uomo prono in una pozza di sangue sull'argine del fiume. E chiama il 113». Si pensa a un malore o a un drammatico incidente: per prendere fiato Lo Presti si sarebbe sporto dal parapetto del muraglione finendo sul selciato. Arriva un'ambulanza ma gli uomini del 118 non possono far altro che constatarne la morte. In serata lo scenario si ribalta. Qualcuno l'ha ammazzato, tanto che in Procura viene aperto un nuovo fascicolo per omicidio. Si riparte da zero. Vengono chiamati gli uomini della squadra mobile e gli esperti della scientifica. Gli investigatori setacciano passato prossimo e remoto della vittima. «L'auto incendiata in seguito a minacce nel 2009 a Vibo Valentia, dov'era originario, poco avrebbe a che fare con il fatto accaduto a Roma» è l'impressione degli inquirenti. E non viene dato peso, pare, nemmeno all'omicidio, solo un mese fa, di un collega della stessa agenzia.
Il calibro del proiettile, probabilmente 22 millimetri, farebbe pensare a un delitto passionale: un'arma «da borsetta» indicherebbe una donna come possibile assassina. Ma la piccola semiautomatica è anche una pistola spesso usata dalla microcriminalità: centinaia le calibro 22 in circolazione derivate da scacciacani modificate ad arte. Dunque una rapina finita nel peggiore dei modi: Lo Presti sarebbe stato avvicinato da un criminale che credeva avesse con sé portafogli e cellulare. Daniele, invece, era uscito solo con le chiavi dell'appartamento appese al collo. La pista passionale, però, resta sempre in piedi.
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