Politica

Confindustria si ribella alle tasse. Era ora

nostro inviato a Torino

Arriva per ultimo e lancia la bomba più grossa. Giorgio Squinzi ha scelto una platea insolita per lui come quella della Lega Nord per dire che, ebbene sì, ha ragione Roberto Maroni: «Stiamo morendo di tasse». È solo l'inizio, perché poi il presidente di Confindustria (nella foto tonda) spiega di condividere il punto tre del Manifesto di Bobo, quello che dice basta «all'accanimento terapeutico con le imprese decotte», e lo supera: «Siamo pronti a rinunciare a tutti gli incentivi: ritornateceli sotto un minore carico fiscale». Sconcerto in platea. Non perché gli imprenditori invitati agli Stati generali del Nord non siano in sintonia con la proposta, anzi. Il fatto è che qui siamo al Lingotto di Torino, simbolo della Fiat. E siamo in casa della Lega, partito che non ha mai fatto mistero di non gradire i famigerati «aiuti di Stato» all'industria automobilistica italiana. Così, all'improvviso il convitato di pietra è lui, Marchionne. Reo di aver risposto così a Corrado Passera che annotava il divario tra le vendite della Fiat in Brasile e in Italia: «Sono sicuro che il ministro sappia che le case automobilistiche che vanno a produrre in Brasile possono accedere a finanziamenti e agevolazioni fiscali». Del resto, entrando al Lingotto Squinzi, visto un cornicione deteriorato, aveva commentato con una battuta: «Si vede che hanno smesso di investire».
Del resto, quella leghista è anche la platea ideale per un affondo sul governo Monti, che Maroni ha passato la giornata a demolire proprio per la sua politica economica, a partire dalla riforma del lavoro. Squinzi non concorda sulla proposta di abolire la contrattazione nazionale per sostituirla con quella territoriale, perché «con il contratto nazionale si possono introdurre flessibilità e modi di gestire nuovi. Poi la contrattazione finale si può fare in azienda». Ma è ancora sul fronte tasse che Squinzi auspica un cambio di passo: «La pressione fiscale sarà anche necessaria per raddrizzare i conti dello Stato, ma il grosso peso lo stanno portando le imprese e i privati cittadini». I numeri fanno paura: «Secondo il rapporto Giavazzi su 30 miliardi di incentivi, alle imprese private ne arrivano solo tre. Sono il primo a dire toglietele in cambio di una sensibile riduzione del carico fiscale», ricordando poi il recente rapporto di Confindustria, secondo il quale «l'incidenza della pressione fiscale sulle imprese è del 57% mentre in Germania è venti punti meno». Il leader degli industriali critica in modo particolare l'Irap, «imposta maledetta che colpisce chi mette più cervello nel suo lavoro» facendo riferimento all'imposizione su ricerca e innovazione e aggiungendo un polemico: «Sono rimasto stupito dal ministro Grilli quando ha detto che le dotazioni per la ricerca diminuiranno». Quindi ecco il messaggio ai partiti: «Non farei un discorso di Monti bis: mi auguro che un Paese di 60 milioni di persone, settima-ottava economia del mondo sia in grado di esprimere con il voto popolare un governo capace di governare. Ora siamo in una fase di emergenza e bisogna recuperare credibilità. Però nella prossima legislatura non possiamo andare avanti in questo modo: abbiamo bisogno di politica, di una politica vera». C'è ancora spazio per gli sprechi: «Da regioni del nord e spesso del sud assistiamo a spese assurde.

Mi sono trovato in una esposizione a Chicago uno stand di una piccola provincia del sud, sono soldi buttati».

Commenti