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Confindustria vede nero: «Siamo nell’abisso»

Confindustria vede nero: «Siamo nell’abisso»

«Siamo nell’abisso». «Italia come in guerra». «Sforzi enormi sui conti pubblici, ma non basteranno». Le ultime relazioni di Confindustria e della Corte dei Conti dovrebbero essere accompagnate da un’avvertenza, come quelle sulle scatole dei medicinali: «Attenti, può indurre effetti depressivi». Se una volta il Censis non perdeva occasione per sottolineare «luci e ombre» del Paese, adesso sulla Penisola sembra essere calato il buio totale. Sarà colpa della recessione, dell’impazzimento degli spread, di conti che non tornano, ma i toni drammatici abbondano, senza neppure essere un minimo stemperati da una prospettiva di miglioramento.
Il rapporto confindustriale è quasi apocalittico nel prospettare una caduta dell’economia ancora più accentuata rispetto alle stime del dicembre scorso: per il 2012 si prevede un calo del Pil pari al 2,4% (dal -1,6% precedente) e il ritorno sopra la linea di galleggiamento dovrà essere rinviato a dopo il 2013, altro anno in cui masticheremo ancora la polvere della crisi (-0,3% dal +0,6%). «Siamo in piena recessione e non ne usciremo tanto rapidamente», conferma il numero uno degli industriali, Giorgio Squinzi. Insomma, anche «se non siamo in guerra, i danni economici fin qui provocati dalla crisi sono equivalenti a quelli di un conflitto» sostiene viale dell’Astronomia. Rincara la dose Luca Paolazzi, capoeconomista di Confindustria: «Siamo nell’abisso».
La frenata economica superiore alle attese avrà forti ripercussioni sul sistema-Paese, oltre a inevitabile un effetto collaterale sulle finanze pubbliche. Il rapporto giudica infatti improbabile, a questo punto, il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013, quando il deficit dovrebbe attestarsi all’1,6% e non più a quel virtuoso 0,1% prospettato a dicembre. Quest’anno il disavanzo sarà ancora più marcato: un 2,6%, in peggioramento di 1,1 punti a causa della decrescita.
La crisi sembra dunque vanificare gli sforzi fatti finora dagli italiani e quelli che verranno per effetto del rincaro dal primo luglio delle bollette di gas (+2,6%) e luce (+0,2%), cioè altra benzina sull’inflazione (in giugno è salita al 3,3%). Luigi Mazzillo, presidente di sezione della Corte dei Conti, ne dà conferma: i risultati ottenuti nel ridurre deficit e spesa pubblica sono «impressionanti», ma non basteranno «se non si interviene per eliminare la polvere nascosta sotto il tappeto». Mazzillo si riferisce alle «persistenti zone grigie di scarsa trasparenza dei conti statali», ma anche e forse soprattutto alla piaga dell’evasione, il cui «zoccolo duro è stato appena scalfito». L’altra metastasi è quella della corruzione, un fenomeno che fa per esempio lievitare del 40% il costo delle grandi opere e provoca la perdita del 16% degli investimenti dall’estero. Pur elogiando la politica di tagli alla spesa, la Corte mette tuttavia in guardia contro il rischio dell’innesco di un circolo vizioso capace di impattare sulla crescita. «Nel breve termine la spesa statale e locale è stata ridotta a livelli che non sarà agevole, e in alcuni casi persino non auspicabile, mantenere per lunghi periodi», è il monito dei magistrati contabili.
Se sul capitolo della pressione fiscale la Corte si limita a ribadire di giudicarla «elevata», ben altra è la sottolineatura della Confindustria, secondo cui la pressione fiscale effettiva, depurata dal sommerso, toccherà l’anno prossimo il 54,6% dal 54,2% del 2012. «Siamo almeno 15-20 punti sopra la media delle principali nazioni europee. Insostenibile», ha detto Squinzi. Ecco perché gli industriali premono affinché la spending review possa servire a ritagliare uno spazio per ridurre questa stretta. Così da liberare risorse da destinare anche agli investimenti, previsti in caduta libera nel prossimo biennio: -8% nel 2012 e -0,2% nel 2013. Male. Ancor peggio il fronte dell’occupazione, dove il bollettino è proprio di guerra: il prossimo anno si chiuderà con un milione e 482mila posti di lavoro in meno dal 2008, inizio della crisi.

Il tasso dei senza lavoro salirà al 10,9% a fine dicembre, per poi toccare il record del 12,4% nel quarto trimestre 2013 (13,5 per cento con la Cig). Cifre che sembrano suggerire che nessun beneficio, in termini di nuovi posti, verrà garantito da una riforma del lavoro di cui «non siamo assolutamente contenti», ha ribadito Squinzi.

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