Una vera maledizione: prima il blocco delle adozioni e ora la rivolta armata stanno trasformando in odissea la lotta d'amore per i propri figli di 24 coppie italiane in Congo.
Non bastava il pasticcio burocratico, che ha costretto i genitori adottivi a oltre un mese di permanenza a Kinshasa senza poter tornare a casa con i loro bambini. Ieri è scoppiata una rivolta armata, che puntava a un colpo di stato e ha trasformato la capitale del Congo in una città fantasma. Un paio di papà delle famiglie adottive, che erano usciti a fare la spesa se la sono vista brutta, si sono rifugiati nella sede locale di «Aiutare i bambini», l'ente che si occupa del loro percorso. A pochi metri da loro è scoppiata una sparatoria, ma sono riusciti a tornare a casa sani e salvi.
«Siamo in pericolo», ha scritto ieri mattina all'Ansa, Enrico, un papà italiano bloccato a Kinshasa. Poi ha specificato che è lontano degli scontri, ma teme «per l'incolumità nostra e dei nostri figli».
Corrado Nota è rientrato ieri mattina in Italia con il primogenito, dopo oltre un mese in Congo. «Ho sentito le notizie alla radio poco dopo essere sbarcato dall'aereo - racconta al Giornale - Mi è preso un colpo. Mia moglie è rimasta a Kinshasa con Julien, nostro figlio adottivo. Siamo preoccupati perché non sappiamo come andrà a finire».
La sicurezza dell'ambasciata in Congo è stata rafforzata. Ci sono oltre 700 italiani nel paese, per metà religiosi. L'ambasciatore Pio Mariani assicura che «i genitori delle 24 famiglie in attesa di adozione stanno bene. A tutti i connazionali abbiamo chiesto di rimanere chiusi in casa». Tre di loro dovevano partire oggi, ma l'aeroporto è chiuso.
Ribelli e forse soldati ammutinati armati di machete e fucili d'assalto hanno attaccato ieri mattina obiettivi strategici. Lo scalo internazionale e il campo militare che ospita il comando delle Forze armate. Un folto gruppo di giovani ha occupato gli uffici della radio e televisione. I rivoltosi hanno fatto leggere un proclama contro il presidente Joseph Kabila: «Gideon Mukungubila è venuto a liberarvi dalla schiavitù ruandese».
Gideon è il soprannome di un enigmatico predicatore cristiano, che si fa chiamare il «profeta dell'Eterno». Abile a gettare benzina sul fuoco dell'avversione dei congolesi, soprattutto a Kinshasa, nei confronti del vicino Ruanda, che per anni ha fomentato la guerriglia dell'etnia tutsi nell'est del paese. Il predicatore invasato potrebbe essere solo un paravento. Tre giorni fa Kabila ha nominato un tutsi a capo della polizia. Molti all'interno del regime, spaccato da tempo in faide di potere, non hanno gradito.
In poche ore le forze di sicurezza fedeli a Kabila hanno decimato i ribelli uccidendone almeno una quarantina, ma il bilancio totale delle vittime sarebbe ben più alto. I soldati hanno attaccato la parrocchia-residenza del predicatore che ha istigato la rivolta a Lubumbashi, capoluogo del Katanga. Per il momento non è scattato alcun piano di evacuazione degli stranieri, ma la situazione delle coppie adottive italiane è precaria.
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