Consultazione popolare sulle riforme, il 72% vuole abolire le Province

Presentati i risultati dei questionari sulle modifiche costituzionali lanciati in luglio su internet: dei 203mila partecipanti, l'81% dice basta al bicameralismo paritario; il 54% vuol tagliare il numero dei parlalentari, il 39% chiede il semipresidenzialismo. Il ministro Quagliariello: non è un sondaggio ma dà indicazioni utili al legislatore

Non un sondaggio ma un ottimo esperimento di partecipazione; nessuna sorpresa clamorosa ma molti risultati decisamente interessanti; niente percentuali bulgare pro (o contro) il presidenzialismo ma una maggioranza schiacciante, sette su dieci, favorevole al cambiamento; basta con il bicameralismo perfetto e con le Province. Questo in estrema sintesi l'esito della consultazione popolare sulle riforme costituzionali - lanciata in luglio dall'esecutivo Letta sulla piattaforma internet «Partecipa» - che è stato presentato oggi da Gaetano Quagliariello, il ministro competente.
Cominciamo con i numeri assoluti. La consultazione online è risultata la più partecipata in Italia e in Europa, con 203mila questionari validati dall'Istat e 4 milioni di minuti «spesi» dai cittadini a esprimere le loro opinioni sui quesiti delle due «batterie», una di base e l'altra di approfondimento.
Dalle risposte è venuto fuori che il 68 per cento dei partecipanti è favorevole alla riforma della forma di governo, con il 39 per cento che sceglie il presidenzialismo, il 29,1 che vuole un parlamentarismo razionalizzato, mentre il 26,3 si esprime per la conferma dell'attuale forma di parlamentarismo. Dal questionario di approfondimento emerge che il 51 per cento risulta favorevole a un governo parlamentare e il 44 per cento alla forma presidenziale.
«Non un sondaggio - ha spiegato Quagliariello - ma indicazioni che possono servire al legislatore» e che l'esponente dell'esecutivo nei prossimi giorni consegnerà ai presidenti di Senato e Camera e a quelli delle rispettive commissioni Affari costituzionali e diffonderà anche nelle scuole, nelle università e tra gli ordini professionali.
Risultato quasi plebiscitario a favore del superamento del cosiddetto bicameralismo paritario: l'88 per cento vuole cambiarlo, con un 41,8 per cento favorevole al monocameralismo, un 40 per cento per differenziare funzioni e composizione, un 6 per cento per differenziare solo le funzioni. Prioritaria, con il 54 per cento, è considerata la riduzione del numero dei parlamentari, rispetto al 45 per cento che chiede un abbassamento di indennità e benefici accessori.
Netta anche l'indicazione, che viene dall'88,2 per cento dei partecipanti, di modificare l'organizzazione degli Enti territoriali. Il 36 per cento vorrebbe accorpare alcune Regioni (per il 7 per cento questo dovrebbe avvenire su base volontaria), il 38 per cento ne manterrebbe il numero attuale, aumentando però cooperazione e coordinamento mentre l'11 per cento lascerebbe l'assetto attuale. Per le Province, invece, il 72 per cento ne vorrebbe l'abolizione, il 16 vorrebbe ridurne il numero, l'8 manterrebbe l'attuale struttura. Il 50 per cento vorrebbe che la Costituzione stabilisse un numero minimo di abitanti al di sotto del quale i Comuni dovrebbero essere accorpati.
Per quanto riguarda la ripartizione delle competenze legislative di natura concorrente, il 17 per cento vorrebbe aumentare le materie spettanti in via esclusiva allo Stato (in particolare in tema di sanità, tutela e sicurezza del lavoro, rapporti internazionali e con la Ue, energia e trasporti), il 65 per cento vorrebbe una nuova ripartizione tra Stato e Regioni. Quanto al referendum abrogativo, il 69% vorrebbe meccanismi per agevolare il raggiungimento della validità del risultato mentre per il 64,7% le norme abrogate con un referendum non dovrebbero essere reintrodotte per un numero ragionevole di anni.
Ancora qualche dato sugli oltre 200mila «rispondenti»: il 66 per cento è rappresentato da uomini e il 34 da donne, con una distribuzione equilibrata tra le varie fasce d'età da 18 a 68 anni.

Quanto al titolo di studio, il 43 per cento ha dichiarato come titolo di studio il diploma superiore, il 32 la laurea, il 12 dottorato o master, l'11 la licenza media. Il 21 per cento è rappresentato da impiegati, il 15 da pensionati, il 14 da funzionari, l'11 da studenti e l'8 da liberi professionisti.

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