
Sono destinate a proseguire le polemiche sulle motivazioni della sentenza del Tribunale di Torino che nello scorso giugno ha assolto un uomo dall'accusa di maltrattamenti all'ex compagna, Lucia Regna, condannandolo solo a un anno e mezzo per lesioni, perché "andava compreso", non avendo avuto la vittima "comportamenti ineccepibili". La Procura del capoluogo piemontese ha impugnato il verdetto affinché venga accertata la correttezza della decisione. Nel frattempo, anche Eugenia Maria Roccella ha espresso forte preoccupazione sul terribile caso che ha coinvolto una donna, poi costretta a ricostruire il volto con 21 placche di titanio dopo le violenze dell'ex partner.
In un'intervista rilasciata a La Stampa la ministra per la Famiglia, Natalità e Pari opportunità definisce "francamente intollerabile" il linguaggio utilizzato nella sentenza che, secondo l'esponente del governo Meloni, tradisce una visione secondo cui "la violenza appartenga a una normale dialettica relazionale e familiare". La vittimizzazione secondaria emergerebbe chiaramente quando "a una donna che ha dovuto farsi ricostruire il volto viene detto che la violenza è in qualche modo giustificabile", seguendo la logica del "te la sei cercata". Roccella sottolinea come simili argomentazioni continuino a ripetersi nelle sentenze, evidenziando un problema culturale che "riguarda anche, e forse soprattutto, la magistratura".
L'esecutivo nazionale ha introdotto nella nuova legge sul femminicidio la formazione obbligatoria per gli operatori giudiziari: uno strumento considerato essenziale per contrastare interpretazioni distorte delle dinamiche violente. Sempre in quest'ambito, Roccella annuncia inoltre che nel prossimo incontro al Consiglio Superiore della Magistratura si discuterà il libro bianco elaborato dal governo. Si tratta di un documento che "traccia definizioni uniformi e descrizioni accurate dei fenomeni" legati alla violenza di genere. L'approccio formativo si estende a "tutti gli operatori che a vario titolo entrano in contatto con le situazioni di violenza", con particolare attenzione alla magistratura che "gioca un ruolo cruciale" nell'applicazione delle normative. La ministra evidenzia come senza un cambiamento culturale adeguato: "La nuova legge sul femminicidio non avrà vera efficacia se chi la applica ritiene che l'uomo violento 'va compreso'".
L'introduzione del reato autonomo di femminicidio assume un valore che supera la mera tipizzazione penale, rappresentando un cambio di paradigma culturale. Roccella chiarisce che "non vuole dire che uccidere una donna sia più grave che uccidere un uomo, ma che la violenza contro le donne ha una specificità che è importante sapere riconoscere per poterla contrastare".
La specificità del fenomeno richiede competenze interpretative adeguate da parte degli operatori giuridici, per evitare che nelle sentenze emerga "un'idea opposta, una tutela affievolita delle donne vittime di violenza a causa delle conflittualità col partner".