Torino, sentenza choc. Il marito la massacra, le toghe: "Va compreso". Non andrà in carcere

L'uomo è stato condannato a un anno e mezzo solo per lesioni. L'accusa ne aveva chiesti quattro e mezzo. Le motivazioni della sentenza: "Lei sfaldò il matrimonio"

Torino, sentenza choc. Il marito la massacra, le toghe: "Va compreso". Non andrà in carcere
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Lucia Regna è stata in ospedale per 90 giorni. I medici le hanno dovuto ricostruire il visto con 21 placche di titanio, un occhio ha lesioni permanenti. Ma per le toghe di Torino non c'è reato di maltrattamenti, bensì solo quello di lesioni. Così l'uomo è stato condannato solo a un anno e mezzo di reclusione e non sconterà nemmeno un giorno di carcere. Un pestaggio in piena regola. Il 28 luglio del 2022, la donna è stata massacrata dal suo ex marito a seguito della denuncia arrivata dopo ben 17 anni di violenze. "Mi ha preso la testa e l'ha sbattuta contro il marmo - racconta la 44enne - poi mentre ero a terra mi ha presa a calci". Poi lo sfogo: "Perché ci dicono di denunciare se poi quello che viene dopo, da parte dello Stato, è uno schiaffo morale che fa più male delle botte? A cosa serve il Codice rosso? A niente".

A giugno i giudici del tribunale di Torino hanno preso la loro decisione: solo un anno e mezzo di carcere, per lesioni e non per maltrattamenti, al posto dei quattro anni e mezzo chiesti dal pubblico ministero Barbara Badellino. Nelle motivazioni di quella sentenza, da poco depositate, si legge che l'imputato
deve essere "compreso" perché la donna ha "sfaldato un matrimonio" e - sempre secondo i giudici - ha "comunicato in maniera brutale la separazione".

Una situazione surreale che - racconta a La Stampa - la donna non poteva più sopportare. "Sei una puttana", "Non vali un cazzo", "Non sei un brava madre" queste alcune delle frasi utilizzate - davanti ai due figli - dall'uomo che si sentiva "vittima di un torto" perché lei si stava ricostruendo una vita con un altro. "Un sentimento molto umano e comprensibile per chiunque" - continua la sentenza - nel quale "va cercata una delle chiavi di lettura di quel che accadde la sera dell’episodio violento". Secondo il collegio infatti anche gli insulti sono "frasi che devono essere calate nel loro specifico contesto, l’amarezza - dell'ex marito - per la dissoluzione della comunità domestica, che era umanamente comprensibile".

L'aggressore, si legge ancora, ha avuto uno "sfogo" perché sapeva che il nuovo compagno di Lucia Regna era stato "nella casa che per quasi vent’anni era stata la sua dimora familiare". Secondo Annalisa Baratto, avvocato della vittima, questa sentenza "mortifica la persona offesa, mentre è indulgente verso l’uomo che ha sfondato il volto a Lucia e le ha fatto perdere la vista da un occhio. Non mi stupisco quando le donne mi dicono che hanno perso la forza di denunciare perché temono di finire sotto processo loro".

Leggere in una sentenza frasi come ‘l’aggressore va compreso’, che l’aggressione non fu un ‘raptus cieco’ ma la ‘reazione a un torto umanamente comprensibile’, è un colpo alla dignità di tutte le donne", le parole di Monica Lucarelli, assessora alle Attività Produttive, alle Pari Opportunità e all’Attrazione Investimenti di Roma Capitale. "Trasformare sette interminabili minuti di botte, culminati con un pugno che le ha devastato il volto, in uno ‘sfogo’ di un uomo ferito è un insulto alla giustizia”. Ancora ha osservato che, con la sentenza in questione, i ruoli sono stati scambiati: "l carnefice compreso, la vittima screditata e resa colpevole”. Secondo l'assessore la sentenza è il simbolo di "un arretramento culturale e giuridico gravissimo. È in aperto contrasto con la Convenzione di Istanbul e con gli obblighi internazionali che impongono di proteggere le vittime e di giudicare la violenza senza stereotipi sessisti. Il messaggio che arriva è devastante: denunciare può non servire, la violenza può essere giustificata, il colpevole può essere assolto moralmente”.

E ha concluso: “A Lucia Regna va tutta la mia vicinanza e il mio sostegno pieno e incondizionato. A chi sceglie di comprendere chi massacra, invece di condannarlo, va la mia ferma condanna politica e morale. Perché la violenza non si comprende: si riconosce, si nomina, si condanna. Sempre”.

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