Così la burocrazia sta uccidendo l'agricoltura

Tempi bibblici e spese astronomiche anche per spostare un ulivo

Così la burocrazia sta uccidendo l'agricoltura

Roma - La burocrazia è una gramigna che infesta il podere Italia. Se infatti la complicazione rappresenta una delle più pesanti palle al piede dell'economia italiana, nell'agricoltura questo è ancora più vero. Il settore primario infatti è rimasto finora ai margini degli interventi di semplificazione. Secondo i dati di Confagricoltura, per gli imprenditori agricoli cento giorni l'anno sono bruciati a fronteggiare la potente macchina sputacarte. «Mancata semplificazione normativa, lungaggini burocratiche, bassa qualità dei servizi pubblici e onerosità degli adempimenti, controlli asfissianti e non coordinati - elenca il presidente di Confagricoltura Mario Guidi - costringono l'imprenditore a sottrarre tempo e denaro ai compiti prioritari di un'impresa. I nostri imprenditori dovrebbero impegnare tutte le loro energie, ancor più nei periodi di crisi, a fare business e ad esportare a prezzi concorrenziali, a mantenere occupazione e non a combattere con i burocrati».
L'Academy di Confagricoltura ha raccolto alcune storie esemplari di malaburocazia applicata al settore primario. La prima è quella di Silvia Bergonzini, che ha impiegato quattro anni per la costruzione di un ricovero per gli attrezzi: 32 passaggi burocratici, 10 stop, 2 controlli, 3 cambi di dirigenti le cifre di un'odissea al termine della quale l'imprenditrice ha avuto il richiesto finanziamento (o finanzia-lento...) di 250mila euro, ma nel frattempo il 35 per cento della somma era stato eroso dai costi indiretti. La seconda storia riguarda l'acquacoltura, un settore talmente condizionato dalla burocrazia che i costi per la concessione di uno specchio d'acqua di 500mila metri quadri può variare da una regione all'altra da 2240 a 885mila euro. Per questo l'imprenditore Salvatore Puglisi Cosentino sta combattendo una battaglia dal 2004 per avere parità di condizioni rispetto ai suoi concorrenti. Sergio Ricotta arriva da Velletri (Roma) e può raccontare la felliniana vicenda dello spostamento di un ulivo da una parte all'altra della sua azienda: tra scaricabarile da un ufficio all'altro e da un ente all'altro è durata 240 giorni. E un florivivaista si è visto recapitare una multa di 100mila euro per evasione fiscale per un errato confronto tra gli inventari di due anni successivi, peraltro nemmeno rilevante ai fini fiscali, e ha dovuto perdere tre giorni di lavoro per dimostrare le sue ragioni.
Ma la vera emergenza è che diventare imprenditore agricolo è difficilissimo, malgrado sia uno dei pochi settori in crescita.

Un giovane senza background che volesse diventare imprenditore agricolo si scontrerebbe con difficile accesso al credito, paralisi dei Piani di sviluppo rurale, strumenti di sostegno inadeguati o farraginosi. Braccia respinte dall'agricoltura.

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