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Così cambia il partito: "Ci riorganizzeremo". Chi sale e chi scende con l’alt alle correnti

Meloni donna forte: "La presidente sono io". Il ruolo cruciale di Fazzolari, l’ascesa di Biondi e Kelany, la conferma di Donzelli in vista del congresso. E Rampelli giura: "Io in totale armonia"

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Non sarà un’avventura» dice Giorgia Meloni, intervenendo all’assemblea nazionale di Fratelli d’Italia. Una promessa e un impegno proiettato soprattutto verso le Europee perché se «abbiamo fatto qualcosa di impensabile in Italia, non c'è ragione di credere che non si possa fare altrettanto in Europa. Dovremo farla, come dicono gli spagnoli, con la “cabeza fria” e il “corazon caliente”».
È un momento di legittima celebrazione quello che va in scena al centro convegni di Via Alibert, un appuntamento in cui riflettere sul cammino che ha portato un partito inizialmente percepito come una sorta di ridotta di destra a decuplicare i propri voti e a conservare inalterati per dodici mesi i propri consensi pur confrontandosi con la quotidianità dell’azione di governo. Una luna di miele lunga un anno, una anomalia positiva che non deve far dimenticare la necessità di tenere viva l’azione di partito.

«Siamo cresciuti. Ora bisogna riorganizzarsi. Vogliamo rinnovare gli organi di partito a livello locale e dare vita alla stagione dei congressi territoriali, facendo votare gli iscritti» annuncia la leader del partito. È per questo che Giovanni Donzelli, responsabile dell’organizzazione di Fratelli d’Italia, oggi riunirà le segreterie dei congressi per avviare il percorso verso i congressi comunali e provinciali. Un cammino di ascolto dal basso che confluirà poi dopo le Europee nel congresso nazionale.

Nel partito, dicono a taccuini chiusi tutti gli esponenti di FdI, «non esistono correnti, al massimo possono esserci sensibilità diverse su temi specifici». Sopracciglia che si alzano, insomma, non ci sono. La leadership di Giorgia Meloni è a prova di bomba e nessuno sembra sentire nostalgia per i tempi in cui, nonostante la presenza forte di Gianfranco Fini, il confronto si sviluppava a colpi di spada tra le varie anime di Alleanza Nazionale. Ci si muove in un’ottica unitaria e piuttosto l’invito che arriva dai parlamentari è quello di rimanere compatti anche come coalizione.

Tutti sanno che all’interno di una casa che diventa sempre più grande devono esserci regole e incarichi ben definiti. In questo senso il ruolo di Giovanbattista Fazzolari (foto) come ufficiale di collegamento tra governo e partito appare sempre più forte, così come la presenza di Arianna Meloni rafforzerà l’organizzazione interna, tanto più in vista di una stagione congressuale. Appare destinato a crescere il sindaco de L’Aquila, Pierluigi Biondi, nominato responsabile degli Enti Locali, così come la presidente del partito sottolinea l’importanza dell’incarico di responsabile immigrazione affidato a Sara Kelany, figlia di un immigrato egiziano arrivato in Italia negli anni ‘60. Ma la postilla dettata dalla Meloni è chiara: «C'è un presidente del partito e si chiama Giorgia Meloni, fin quando non deciderete di sostituirmi io eserciterò quel ruolo».

È chiaro che in un partito del 30% convivono sensibilità diverse. C’è una destra sociale, una destra conservatrice e una più innovatrice, esperienze cattoliche come quelle di Gianfranco Rotondi, l’economia sociale di mercato di Giulio Tremonti, il sogno di un partito liberale di massa coltivato da Marcello Pera. Ma correnti proprio no, tanto più che l’unico accreditato dell’intenzione di muoversi su un binario parallelo a quello della premier, Fabio Rampelli, ieri ha chiuso la porta a ogni spiffero. «Non ho mai avuto l'intenzione di creare una mia corrente, io sono uno dei fondatori. Sono in totale armonia con questo governo.

Non sono un capo corrente perché le correnti in Fdi non ci sono».

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