Così la Cgil fa lo sgambetto a Renzi

A Firenze il sindacato mette in imbarazzo il sindaco: troppe ombre sulla correttezza dei concorsi pubblici

Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi
Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi

Roma - La Cgil va all'attacco di Matteo Renzi. Lo fa su una vicenda, un concorso per vigili urbani trasformatosi in pasticciaccio, che rischia di creare parecchi imbarazzi al sindaco di Firenze. Ma dalla dimensione locale a quella nazionale il salto è breve. E la vicenda si inserisce nella guerra strisciante tra la gestione attuale del partito di Guglielmo Epifani, che della Cgil è stato segretario generale per otto anni prima di Susanna Camusso, e l'uomo nuovo del partito.
La vicenda ha inizio da una notiziola riportata senza nemmeno tanto rilievo dalla cronaca fiorentina della Nazione lo scorso 28 maggio, che racconta delle polemiche nel consiglio comunale perché nel corso di una prova del concorso per vigili urbani della città gigliata una concorrente sarebbe state trovate in possesso del testo già svolto della prova.
Del boxino sembra accorgersi solo Chiara Tozzi, segretaria della Funzione pubblica Cgil Firenze, che prende il mouse e scrive una lettera al «sindaco Matteo Renzi». «Ritenendo di rappresentare la preoccupazione dei candidati ammessi alla prova scritta dello scorso 23 maggio - scrive Tozzi - richiediamo che il Sindaco si faccia garante della correttezza delle procedure del concorso medesimo e che si attivi perché nella massima trasparenza sia fatta luce sul fatto oggetto di cronaca». Ma l'attacco vero e proprio è nella frase successiva: «Ci preme sottolineare che il perdurare di una situazione di incertezza getterebbe ombre sull'operato dell'amministrazione pubblica intesa come garante di imparzialità e trasparenza e significherebbe anche non riconoscere l'impegno e l'onestà di coloro che hanno regolarmente partecipato alle prove concorsuali». Insomma: caro Renzi, parli di merito e talento e lasci che i tuoi vigili siano assunti con il trucco?
L'episodio si inserisce naturalmente nella guerra fredda tra Guglielmo Epifani e Matteo Renzi, tra la componente di apparato e quella rottamatrice, parola che suona già vecchia, peraltro. Un conflitto che si è nutrito per ora di stoccate. Come quella di Renzi nel suo intervento dal Salone del Libro di Torino: «Epifani viene dal sindacato, ma è importante capire che il Pd non è la Cgil». E come quella di Epifani l'altro giorno: «Tolto il Pd, in Italia sono tutti partiti personali. E i partiti personali sono per definizione partiti antidemocratici, che rispondono al capo, vivono del leader e muoiono con il leader». Renzi non è citato, ma è chiaro che la frase suona come monito a una possibile segreteria di Renzi, una gestione che avrebbe un alto tasso di personalismo se non addirittura di «cesarismo».
E il concorso? Resta un po' sullo sfondo ma rischia comunque di creare non poche grane a Renzi. Dopo l'articolo del 28 maggio sulla Nazione, la vicenda è andata avanti grazie all'ostinazione dei due consiglieri Ornella De Zordo (Un'Altracittà) e Tommaso Grassi (Sel). I due hanno allargato il discorso manifestando seri dubbi sulla composizione esaminatrice del concorso: Antonella Manzione (comandante dei vigili urbani), Giovanni Palumbo (direttore delle risorse finanziarie) e Matteo Romeo (dirigente di supporto amministrativo e giuridico della polizia municipale). Tre figure chiamate direttamente da Renzi, che quindi metterebbe il suo timbro indelebile sul concorso.

Non solo: la candidata rispostemunita lavora nella segreteria di Palumbo ed è anche parente del capo dei vigili provinciali Roberto Galeotti, altro renziano doc. Ce n'è abbastanza per andare a fondo nella vicenda, Cgil o meno.

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