nostro inviato a Barcellona
La Cina è in grado. C'è scritto perfino nel nome, perché Huawei - ovvero una delle aziende tecnologiche più in crescita al mondo - vuol dire proprio quello. Ovvero che la Cina è pronta a conquistare il mondo con telefoni e tablet. A Barcellona insomma il Mobile World Congress mostra al mondo che la guerra a colpi di carte bollate tra Apple, coreani e giapponesi potrebbe fare solo vittime, mentre da Shenzen e dintorni, ovvero nei distretti industriali della nuova rivoluzione operaia si lavora senza distrarsi troppo. Anche perché, per esempio, la Huawei è di proprietà dei suoi 110.000 dipendenti nel mondo (e in Italia ha sedi a Milano, Torino e Roma) e dunque - come direbbe Confucio - il discorso è molto semplice: chi più produce più guadagna. Risultato: allo stato attuale nel mondo più di 2 miliardi di persone utilizzano uno strumento uscito dalle fabbriche socialcapitaliste e targato cinese - ovvero smartphone, tablet, modem usb e modem wi-fi - e nessuno osa contestare alla Huawei lo sfruttamento dei lavoratori così come accade invece alla Apple. Praticamente una campagna sui diritti umani al contrario. Perché, se qualcuno se lo fosse dimenticato (e in molti lo fanno) l'ormai famosa Foxconn non produce componenti solo per Cupertino, ma per molte aziende mondiali, Huawei inclusa. Anzi: tra cinesi e cinesi è stato siglato un accordo che prevede la fornitura di materiali entro la fine del 2013 per un valore di 2 miliardi di dollari. E i lavoratori sono sempre quelli.
Insomma, la Cina è in grado con quel suo modo sottile di fare affari e a Barcellona mostra pure i muscoli: allo stand Huawei campeggia infatti il nuovo smartphone Ascend D che, alla prova sul campo, è davvero quanto di più tecnologico si possa avere oggi in tasca. È il più veloce al mondo, ha un motore quad-core - cioè che permette di moltiplicare la rapidità di trasmissione di dati -, una batteria che risparmia carica il 30 per cento in più dei concorrenti, una fotocamera da 8 megapixel che permette anche di girare filmati in Hd. Nel senso che la definizione, ritrasmessa su un televisore accanto, è talmente alta da non essere praticamente mai stata vista così. Ed è tutto fatto in casa, in Cina appunto: «Abbiamo ascoltato le principali esigenze degli utilizzatori di smartphone: velocità, durata della batteria, elevata qualità video e audio, design compatto e peso limitato. In tutte queste caratteristiche questo smartphone supera le nostre aspettative». E se lo dice Richard Yu, Presidente di Huawei Device, ci si deve credere perché lui è quanto più vicino a Confucio si possa avere in questo mondo tecnologico.
Certo, poi Huawei non avrà ancora l'appeal di Apple, pronta tra poco a rispondere con l'iPad3, o l'evoluzione di qualità di Samsung che con il suo Note, ora anche a diecipollicipuntouno, ha mostrato qualcosa di innovativo. Però i cinesi guardano, imparano e producono. E soprattutto si allargano. La prova in fondo è giusto lì a fianco dove c'è lo stand di Zte, ovvero l'altra faccia della Cina: partiti con poco più di un banchetto qualche edizione fa, adesso l'alternativa low cost al made in China (già, incredibile, esiste anche quello) presenta un portafoglio da far invidia a Paperone. Smartphone anch'essi veloci e con risoluzioni grafiche notevoli, tablet magari un po' meno sottili ma sempre efficenti, chiavette internet di ultima generazione. E soprattutto prezzi sotto i 200 dollari che fanno gola ai consumatori, perché quella è la soglia psicologica che - secondo una ricerca - il 70 per cento dei clienti mondiali fatica a superare.
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