Episodio isolato o inizio di una nuova stagione? Ora la palla passa ai vertici di Mediaset. Intanto una cosa è certa: Rock Economy ha ridato a Canale 5 una centralità mediatica e politica che da tempo non aveva. Prime pagine di giornali. Commenti di economisti e intellettuali. Record di ascolti. Per una volta il Molleggiato ha preso il centro della scena senza lanciare strali e anatemi contro qualcuno. Semmai suggerendo attraverso la voce di altri la discutibile ricetta della «decrescita felice». A ben vedere già presente, ante litteram, nella mitica Il ragazzo della via Gluck , come si è visto anche ieri sera vero manifesto transgenerazionale.
Insomma,il carisma del Molleggiato dell’Arena ha conquistato il centro dell’arena. Non si catalizzano altrimenti 9 milioni di telespettatori, «nonni, genitori e nipoti», parola del direttore di Canale 5 Massimo Donelli, registrando«il dato d’ascolto di primetime più alto della rete dal 2009 a oggi». Se ci fosse stato più Rock e meno Ecomomy avrebbe ottenuto ascolti ancora più elevati. Vedremo cosa dirà stamattina l’Auditel in merito alla seconda e conclusiva serata.
A differenza della Rai, Mediaset non ha mai costruito i palinsesti sugli eventi, ma sulla continuità dei risultati. E probabilmente proseguirà a fare così. Ma ora Canale 5 è accesa come raramente è stata nel recente passato. Chissà che cosa ne penserà il suo fondatore. Un fatto è certo: il bipolarismo politico-televisivo subisce un colpo. Celentano ha trascorso un’intera esistenza dentro la Rai. Festival di Sanremo, varietà, Fantastici e show apocalittici vari. Ma l’ultimo capitolo della sua biografia televisiva va in scena su una rete del Biscione, peraltro spesso oggetto dei suoi strali. Se non è una piccola rivoluzione copernicana, ci siamo vicini.
Non basta dire che storicamente Mediaset ha offerto la vetrina a artisti di sinistra, dalla squadra di Zelig alla Gialappa’s fino a Antonio Ricci.Con l’eccezione di quest’ultimo ormai adottato, sono tutte creature della casa. E non basta ricordare l’andirivieni da una sponda all’altra del sistema tv di star come Paolo Bonolis. No, Celentano un’altra faccenda. È il nemico storico. L’antagonista. Anche antropologicamente, il più lontano dal dna Mediaset. È vero, il Biscione ha messo solo le telecamere di uno show concepito in autonomia. Ma tutti gli spettacoli del Molleggiato sono sempre stati pensati e realizzati in totale indipendenza (per
RockPolitik il direttore di Raiuno si autosospese).
La verità è che l’argine si è rotto e il muro del duopolio si è infranto. In un certo senso anche Flavio Briatore, berlusconiano doc, protagonista su Sky è un altro, seppur minore, segnale di rimescolamento delle carte. Siamo nell’èra dei tecnici. Il linguaggio comune è quello dell’economia. Bisogna fronteggiare tutti insieme la crisi globale.
E se, di conseguenza, il bipolarismo politico si sfarina, logico che anche la geografia del sistema televisivo si modifichi.Che fare? Fermarsi qui o inaugurare davvero la nuova stagione della tv trasversale? In giro c’è gente del calibro di Fiorello e Corrado Guzzanti. Chissà cosa penserà il fondatore di Mediaset...
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