Roma Rassicuriamo subito la Germania e quei giornali tedeschi che vedono il piano di Mario Draghi - l'acquisto di titoli di stato da parte della Bce in funzione anti spread - come un finanziamento indiretto a beneficio di Stati spendaccioni. Questo è un gioco e non un auspicio ad allargare i cordoni della spesa italiana. Un modo per misurare gli effetti finanziari dell'Outright monetary transactions.
La sola prospettiva di mettere le briglie alla speculazione ha fatto calare lo spread dai 439 di mercoledì ai 350 di ieri pomeriggio. Giù di cento «punti base», come si dice in gergo tecnico, cioè un punto percentuale. Meno interessi da pagare per l'Italia e quindi meno soldi pubblici bruciati per mantenere il debito. Rispetto ai giorni più caldi, all'inizio dell'estate, il calo è spettacolare, intorno al 2%. Se poi riuscissimo ad arrivasse a quello che molti, a partire dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco, considerano il nostro livello fisiologico, cioè 200 punti, il calo dello spread sarebbe addirittura di 300-350 punti. Comunque, anche ipotizzando che si mantenga (cosa non scontata) sui più tranquilli livelli di ieri, il risparmio, rispetto alla situazione di tre giorni fa, è già consistente.
IN TRE ANNI 16,5 MILIARDI «Uno spostamento verso l'alto della curva dei rendimenti di cento punti base comporta un incremento della spesa per interessi pari a circa 0,2 punti percentuali di Pil nel primo anno e a 0,4 e 0,5 punti rispettivamente nel secondo e nel terzo anno», ha calcolato tempo fa Visco. Tradotto in euro, spiega Emanuele Canegrati, economista di Magna Carta, «cento punti base in meno sono risparmi per tre miliardi nel primo anno, sei nel secondo e 7,5 nel terzo. Nel triennio sono 16,5 miliardi». Le cifre, aggiungiamo noi, si raddoppiano se partiamo dallo spread di luglio (era arrivato a 536 punti). Se poi dovessimo arrivare ai 200 punti fisiologici, sarebbero più del triplo.
DETASSARE IL LAVORO Ce n'è abbastanza per riempire, fino all'ultima pagina, il libro dei sogni degli italiani, a partire dalle tasse. Tanto per dare una misura, i risparmi del primo anno, grazie al solo calo degli ultimi tre giorni, basterebbero ampiamente a ripristinare la detassazione dei premi di risultato per i lavoratori, che è stata dimezzata con le ultime manovre e che sindacati e imprese vorrebbero reintegrare. Serve un miliardo, ne rimarrebbero altri due per ridurre il cuneo fiscale e contributivo. Con quattro si potrebbe scongiurare l'Iva al 23% da luglio.
LA «VENDETTA» SULL'IMU L'aumento dello spread ha praticamente annullato l'efficacia della batosta fiscale dell'ultimo anno. I sacrifici che hanno fatto gli italiani, a partire dall'Imu, sono serviti a pagare i tassi di interesse impazziti. Come contrappasso, è bello pensare a un'abolizione dell'imposta sulla prima casa, finanziata con il calo degli interessi. Servono «solo» sei miliardi.
E TUTTE LE ALTRE TASSE Se i dubbi sul debito italiano fossero completamente fugati, sempre prendendo come riferimento la fiammata di luglio, sembrerebbe a portata di mano anche una riduzione media di quattro punti percentuali dell'imposta sui redditi, visto che ogni punto vale più o meno cinque miliardi. Il quoziente familiare, apparirebbe uno scherzo (12 miliardi).
UN LIBRO DEI SOGNI Realistico, invece, pensare che, con uno spread sotto controllo, i nostri sacrifici serviranno a dare un futuro al Paese, non a pagare gli errori del passato.
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