Polizia sotto attacco. Denigrata, da delegittimare, e perché no, magari disarmare. Un'offensiva concentrica, serrata. Senza precedenti. Concepita per colpire definitivamente al cuore un Corpo lacerato. Aspettando il morto, dunque, anche stavolta si contano soldati blu ammaccati dalle pietre e dalle parole di chi pretende il «peace and love» in risposta a spranghe e provocazioni. Ai piani alti del Viminale il nervosismo sale anche per inchieste su importanti poliziotti, altri poliziotti dopo lo scempio della Cassazione che sulla Diaz decapitò le eccellenze antimafia e antiterrorismo. Politica e media chiudono la pratica dell'accerchiamento dando addosso al Dipartimento sugli ultimi scontri, proprio come fecero a Genova nel 2001 allorché la città bruciava per colpa di migliaia di teppisti ma si parlava solo delle reazioni violenze delle divise «cilene».
Per avere un'idea dell'aria che tira nella truppa basta andare sui siti corporativi o leggere uno dei volantini al vento dei sindacati di polizia. «A Milano cinque agenti feriti, a Padova due, a Torino uno grave colpito al volto da una mazza da baseball, e poi i contusi di Roma, Napoli, Brescia, Palermo. Ogni volta - scrive il Coisp - è un bollettino di guerra (...). In Val di Susa c'è stato un agguato, due colleghi sono vivi per miracolo. Non è più possibile continuare così. Presto succederà l'irreparabile». Aspettando l'inevitabile, la polizia sente il fiato della magistratura. Pronta a indagare chi ha ecceduto col manganello. Prossima a chiudere un'inchiesta che ha puntato il vice capo, Nicola Izzo, costretto a dimettersi per un anonimo sulle irregolarità negli appalti. Una «fotocopia» dell'indagine napoletana sulla gara del «Centro elettronico nazionale» che per lo stillicidio di notizie portò al suicidio il vice prefetto Salvatore Saporito e che vede nel mirino oltre a Izzo, il prefetto Giovanna Iurato, pezzi da novanta del Dipartimento come l'ex Maddalena. Altra sorpresa il cambio in corsa, ieri, di un altro vice capo, Paola Basilone, «retrocessa» a commissario per le persone scomparse. L'offensiva giudiziaria non sfiora assolutamente, se non per innocui sms intercettati, il Grande Capo, Antonio Manganelli, sulla cui successione si sta però scatenando una guerra fratricida tra funzionari di polizia e prefetti. Con la Polizia fatta bersaglio nell'ultimo anno di attacchi di ogni tipo, addirittura su presunti favoritismi e sprechi (Manganelli è stato costretto a spiegare perché vive in una casa dell'ente, o perché non è assolutamente il manager pubblico che guadagna di più) il ministro Cancellieri non trova di meglio che annunciare a Repubblica l'avvio di un'indagine approfondita sui poliziotti cattivi accaniti sugli inermi «che in alcuni casi hanno agito da squadristi». Se le parole hanno un peso, mai un ministro dell'Interno si era espresso così. Segno che qualcosa non va più da un pezzo. Da prima che la Suprema Corte ghigliottinasse i superpoliziotti coinvolti a Genova (Gratteri, Calderozzi, Luperi, Canterini eccetera) senza concedere loro quelle attenuanti generiche concesse in passato anche ai mafiosi, ed entrando inspiegabilmente nel merito con espressioni oltremodo gravi e non richieste («è stato gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero»). Prima ancora un altro «segnale» era arrivato con le indagini, avviate grazie a un pentito, sul cacciatore di latitanti casalesi Vittorio Pisani, capo della Mobile di Napoli. Anche lui, via, tolto temporaneamente di mezzo. Ci hanno provato giorni fa col successore di Izzo, il vicario Alessandro Marangoni, ripescando una «raccomandazione» a un collega che venne condannato e promosso nonostante avesse concesso il porto d'armi a una persona che si rivelerà poi un assassino. Cavalcano l'onda ogni volta che possono. Col video del bimbo di Padova sottratto alla mamma. Con la foto di una creatura sprangata a Roma, che in realtà è rimasta ferita in Spagna. Con gli hacker di Anonymus che si fanno beffa dei server della Ps, quando hanno solo violato la mail di un ispettore. Con gli scontri ovunque, sempre e comunque da accollare agli agenti che qualche genio vorrebbe rendere identificabili con un numeretto sulla divisa, modello Auschwitz. Per questi benpensanti che non pensano a cosa succede negli States se provi a manifestare mascherato e toccare un agente, andrebbe incentivata la divulgazione di siti tipo «caccia allo sbirro» con la possibilità di taggare foto e filmati dei «servi del regime». Servi a 1.
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