Diktat dei partiti: nessuno ci controlli i conti

Diktat dei partiti: nessuno ci controlli i conti

RomaLa nuova era della trasparenza prende il via con una battaglia. Che sia l'indennità di pensione o nuove regole sui rendiconti dei partiti, alla Camera cambiare gli stili di vita pare un tabù.
La trasformazione allo studio riguarda il controllo sui bilanci dei gruppi. Un'esigenza nata dopo i tanti scandali legati alla gestione del denaro da parte della politica, in particolare dopo il caso dell'ex tesoriere Lusi che ha investito la Margherita. Oggi la Giunta per il regolamento si riunisce per discutere le nuove norme. Più controlli, si era detto. Più trasparenza con la pubblicazione dei bilanci dei gruppi on line. Ma soprattutto verifiche, possibilmente esterne. Il contributo è interamente pubblico, e anche pesante: 36 milioni 100mila euro sono i fondi messi a preventivo nel bilancio 2012 della Camera, suddivisi tra tutti i partiti che hanno formato un gruppo a Montecitorio.
Invece il testo che la giunta andrà a discutere oggi ha corretto le prime intenzioni: i controlli dei rendiconti saranno interni, senza la necessità di una certificazione super partes, come era stato proposto da Gianfranco Fini.
La prima bozza redatta dai Questori teneva conto di questa indicazione. Ma nella discussione in Giunta di mercoledì scorso, i gruppi si sono appellati al principio dell'autogiurisdizione degli organi costituzionali (la cosiddetta «autodichia»).
La Giunta ha incaricato Antonio Leone (Pdl) e Gianclaudio Bressa (Pd) di redigere una nuova bozza, in cui è scritto che «entro trenta giorni dalla propria costituzione, ciascun Gruppo approva uno statuto», il quale «indica l'organo competente ad approvare il rendiconto e l'organo responsabile per la gestione amministrativa e contabile del Gruppo».
In pratica il controllore viene indicato dal gruppo stesso. Una novità positiva sarà comunque la pubblicazione in rete dei bilanci dei partiti, che saranno passati tutti al vaglio della Corte dei Conti.
Nel testo in discussione oggi, viene poi puntualizzato come i «contributi» della Camera «sono destinati dai gruppi esclusivamente agli scopi istituzionali riferiti all'attività parlamentare e alle funzioni di studio, editoria e comunicazione ad essa ricollegabili». Si esplicita quindi che i contributi della Camera non possono essere usati a scopi estranei alle finalità parlamentari.
Fini non considera la partita chiusa: «Sono certo - ha risposto ieri durante la seduta - che domani la Giunta potrà valutare l'opportunità di ripristinare il testo iniziale». Pd, Udc e Fli hanno promesso in aula che si affideranno comunque a società esterne.
«Il gruppo Pd è favorevole alla certificazione da parte di aziende esterne e noi lo faremo», garantisce Dario Franceschini. E Pier Ferdinando Casini giura che farà altrettanto, «per tagliare l'erba sotto i piedi a polemiche future».
Uno dei deputati contrari alla proposta di Fini era in realtà proprio l'esponente del Pd Bressa: «La Camera dei deputati è un organo costituzionale - ha spiegato mercoledì in Giunta - e dunque i bilanci vengono esaminati internamente, a meno che non si pensi che chi fa i bilanci della Camera siano tutti dei delinquenti».


Ieri lo ha ribadito: «Il controllo interno è il massimo della trasparenza. I bilanci vengono trasmessi al collegio dei Questori che li esamina, con la supervisione della Corte dei Conti. E poi tutto viene pubblicato on line».

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