Un amico un po' misogino ripeteva come un mantra, modificato a modo suo, il risultato di un'opinabile ricerca sul perché le donne parlano più degli uomini: «Conoscono sette volte più vocaboli. E ci tengono a dirteli tutti». In realtà il fenomeno è trasversale ai generi. Altro che lavoro, la nostra Costituzione dovrebbe ammettere per onestà che l'Italia è una repubblica fondata sulla chiacchiera. In ufficio il lunedì mattina il brusio pallonaro è un rumore bianco di fondo, in ascensore c'è la frase anti imbarazzo che finisce con l'aumentarlo, al bar si assiste a dialoghi che farebbero fremere di cupidigia Pirandello: «Sono tutti uguali», dice una signora rivolta verso la tv, come se «quelli» fossero chiusi nel tubo catodico, «ha proprio ragione signora, basta che mangiano loro», e il barista sente di dover dire la sua: «Bisognerebbe fare la rivoluzione, un giorno o l'altro...», sibila mentre stringe la leva della macchina da caffè come fosse una P38. E poi via verso una nuova giornata, soddisfatti di avergliele cantate. Ma cosa? A chi? Dialoghi pieni di nulla scandiscono il ritmo delle nostre giornate, stonati, automatici come un metronomo. Nei luoghi di lavoro la chiacchiera è la schiuma sul cappuccino dell'insensatezza, nostro amaro calice quotidiano. A me m'ha rovinato la guerra, diceva Petrolini. A noi, a tutti noi, ci rovina la chiacchiera inconcludente, che negli ultimi tempi oltretutto è impregnata di pessimismo, il che ha peggiorato il livello d'inconcludenza. Nelle aziende si dovrebbe ragionare, seguire un semplice schema problema-soluzione, o magari dare libero sfogo alla creatività, ma con uno scopo. Invece si procede senza rotta tra lamentele, lazzi e scazzi.
Ci vorrebbero dei cartelli per strada: chi chiacchiera a vuoto danneggia anche te. E invece cresce la corrente di pensiero opposta, quella dell'attenzione a tutti i costi. Meglio diffidare del dibattito recente sull'incapacità di concentrarsi, l'ipotesi di una sindrome del deficit d'attenzione che risucchia i nostri bambini da importanti scopi, le invettive contro gli smartphone che ci distraggono.