Pesa cinquanta chili (ed è alta un metro e settantatre centimetri), ha i capelli biondi e ovviamente ha anche gli occhi azzurri. Un nasetto che sta lì in mezzo alla faccia senza disturbare nessunaltro lineamento e un collo che deve averle disegnato sotto al mento direttamente Modigliani. Ha una vera venerazione per gli anfibi di Dr. Martens, la malriposta convinzione di saper cantare (quando ci ha provato si è beccata un «due» dalla rivista di recensioni più autorevole degli States), ed è stata sei o sette volte sulla copertina di Vogue. I fotografi la adorano talmente da averla eletta lerede della loro preferita: Kate Moss. Si chiama Agyness Deyn (prima, a dire il vero, nel nome cera una semplice «i» ma lei lha cambiata con la «y» per un fatto di cabala), è una top model e qualche giorno fa ha confessato di aver sempre mentito sulla sua età: «Non ho ventitrè anni, ne ho ventinove» ha dichiarato togliendosi un peso dalla coscienza e gettandolo sullanagrafe. In realtà, sulla sua biografia on line, la data di nascita è sempre stata riportata correttamente, era ai casting e sui curriculum ufficiali che Agyness mentiva. Fino allaltro giorno quando, chissà perché, ha deciso di fare outing. «Sai che fatica», verrebbe da dire: lirrequieto cigno pop che le riviste di moda si litigano a colpi di servizi in prima pagina, che ora confessa di non essere giovanissima ma solo molto giovane... Ma la faccenda è, in realtà, un po più complicata. Intanto perché dimostra che perfino una come Agyness deve raccontare balle per ringiovanirsi, e poi perché la sua confessione ha riaperto il dibattito su un argomento tabù: le donne e la loro debolezza di ritoccarsi letà. Succede in Italia tra le famose e le sconosciute, succede di continuo a Hollywood (da Nicole Kidman a Salma Hayek, da Cameron Diaz a Keira Kightley), e pare succeda ancora di più nel mondo della moda in cui una ragazza ha più o meno gli stessi tempi di durata di un cespo di lattuga: per loro una settimana è lunga.
Agyness si è giustificata dicendo di aver cominciato tardi il mestiere di modella, «avevo già ventiquattro anni e così dichiarai di averne solo diciotto» per avere un po più di prospettiva davanti, per essere abbagliata un po più a lungo dal sole artificiale delle passerelle, insomma. A noi viene il sospetto che ormai mentire sulletà sia un diritto di cui non occorre più giustificarsi. Se un uomo può avere gli anni che si sente, perché una donna non può avere gli anni che dimostra? Specie se il fatto di dimostrarne meno è diventata una specie di ragione di vita portata a termine con successo.
La ginnastica, le cremette miracolose, il botox, gli Omega-3, la vita media che si allunga, la dieta ipocalorica, la blefaroplastica, le creme annienta cellulite, lutero che funziona fino al giorno prima della tardiva menopausa, il chirurgo estetico con la bacchetta magica, il sesso che non ti abbandona fin che campi, lacido ialuronico in crema, in capsule, in spray... E poi noi cosa facciamo, alla fine di questa sfinente maratona contro il tempo, confessiamo letà che ormai non siamo più in grado di dimostrare nemmeno volendo?! Se non altro per un fatto di coerenza, a quel punto la data di nascita deve essere un tabù. Agyness può permettersi di mentire perché è benedetta dalle fate, ma tutte le altre che si sono benedette da sole a colpi di «lavoro» e spese e sacrifici? Quelle meritano ancora più di Agyness che per poter dichiarare sei anni in meno si è solo dovuta passare una mano tra i capelli. Abbiamo un paio di amiche che si sono dedicate talmente tanto e bene a sbianchettare gli anni che oggi, quando le guardiamo, neppure noi sapremmo più dire a che generazione appartengano, né se ne abbiano ancora una dappartenenza. Allora proviamo a ricostruire a ritroso con i ricordi. Con gli eventi «sentinella» che servono a orientare qualsiasi vita, annaspando tra diplomi, università, fidanzati, vacanze, figli...
E allora, finalmente, riusciamo a ricordare letà della nostra bionica amica. E a dire il vero ci vengono in mente anche un sacco di altre cose. Perché dopo una certa età, e prima del chirurgo (o forse anche dopo e per sempre), ognuno è responsabile della faccia che ha.
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