Il fatto è che Berlusconi è ancora in campo: questo è uno ma non l’unico degli effetti collaterali della mancata condanna dell’ex presidente del Consiglio, sulla quale in troppi avevano giurato, dell’assoluzione per prescrizione. L’assolto parla di mezza vittoria chiedendo un’assoluzione completa e tutto il fronte colpevolista per motivi politici è amareggiato e in subbuglio. Ma la politica è un campo di gioco con regole semplici e ferree, in cui le emozioni servono soltanto per mobilitare e smobilitare consensi popolari e la cui logica segue un cammino molto più semplice di quanto si creda.
E allora proviamo a tracciare una mappa delle possibili conseguenze politiche. La prima, lo dicevamo all’inizio, è che il Cavaliere non è più un giocatore in via di squalifica. Tutt’altro. Che lui poi non abbia alcuna intenzione di correre più per il posto di primo ministro (essendo ormai la nostra una Repubblica presidenziale non dichiarata, come in Francia, abbiamo un primo ministro e un Presidente) è un dato di fatto che ci sembra consolidato, benché in politica mai dire mai. Se ci fosse stata la tanto attesa e prevista condanna, Berlusconi sarebbe fuori corsa anche per il Quirinale, mentre invece niente condanna, niente esclusione. Sulla corsa al Quirinale pesano due ipoteche, una soggettiva e una oggettiva: quella soggettiva è rappresentata dal fatto che Napolitano accarezza il desiderio di essere rieletto, sia pure «suo malgrado» a un secondo mandato per passare alla storia come il Presidente che ha governato la grande crisi da padre della Patria; e quella oggettiva di Monti. È ovvio che Monti si è spinto troppo in là nel negare qualsiasi intenzione a governare dopo il 2013 per potersi smentire. Dunque, anche Monti è un candidato perfetto per il Quirinale dove potrebbe proseguire dalla politica presidenzialista varata da Napolitano. Non facciamo pronostici, ma ci sembra che di candidati forti e possibili non ce ne siano molti.
Altra conseguenza dell’assoluzione di Milano: il Fli non ha più prospettive salvo quella di tornare all’ovile in un grande centrodestra, abbandonando il centro in cui non si sono sciolti i nodi della leadership, visto che sembra in piedi soltanto Casini mentre Fini non ha più entusiasmo per la sua stessa partita politica. In più, la sorte del centro sarà determinata dalla legge elettorale perché i casi sono due: o si ritoccherà il Porcellum attuale mantenendo però in piedi il sistema bipolare che penalizza il centro e i partiti minori; oppure si farà una legge che favorirà lo spezzettamento e dunque sottrarrà agli elettori la scelta del governo lasciando ad essi solo la scelta del partito o del partitino.
Su questo terreno si gioca una partita in comunione dei beni fra Pdl e Pd, i due partiti interessati alla prima soluzione e in grado di impedire la seconda. Ieri Walter Veltroni ha dissotterrato l’ascia di guerra contro Bersani ripetendo che nessuno si deve azzardare a mettere il bastone fra le ruote a Monti e che sull’articolo 18 si deve trattare e che dunque non è un tabù. Bersani rischia sempre più di restare col cerino in mano perché tocca a lui prendersi secchiate di acqua gelata dalla sua sinistra interna ed esterna, man mano che il suo popolo realizza che Monti fa una politica di estrema destra economica, benché usi in maniera impeccabile e straordinaria tutti gli strumenti della comunicazione che coalizzano ancora un gigantesco consenso sia personale sia politico in senso lato. E su questa posizione forte di Monti sorretta da Veltroni a sinistra, si rafforza la posizione di Berlusconi politico non più sotto scopa per il processo Mills, il quale può dire con buona ragione di aver inventato lui il Monti politico facendolo commissario europeo prima e poi lasciandogli il varco aperto aprendogli il portone di palazzo Chigi che avrebbe potuto invece difendere ad oltranza per molto tempo o imponendo elezioni anticipate.
Berlusconi appare dunque un discreto creditore della politica dell’attuale governo, anche perché ha battuto più volte il pugno sul tavolo per imporre ai riluttanti e ai frondisti del suo partito una linea che non ammette variabili, almeno per ora: Monti fino alla fine, anche perché dopo Monti il gioco politico si riapre di nuovo, prima con le elezioni e le successive alleanze, e poi con l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Che ruolo vorrà per sé Berlusconi in questa riapertura di partita che per lui sarebbe stato più difficile giocare se avesse dovuto subire la condanna nel processo Mills su cui larga parte dei suoi avversari contavano per eliminarlo? Probabilmente quello di grande regista che appare poco e lavora molto di tessitura dietro le quinte.
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