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E tra i furbetti dello "scudo" è scaricabarileil caso

Dai democratici ai grillini, nessuno vuole passare da difensore dei privilegi della "casta"

E tra i furbetti dello "scudo" è scaricabarileil caso

Roma - Benvenuti al gran ballo delle immunità. Un ballo in maschera nel quale nessuno vuole mostrare la sua faccia e in cui si gioca allegramente al gioco dello scaricabarile.
Sarà per il generale clima di antipolitica, per l'incapacità di veicolare messaggi complessi, per l'umore popolare che alla prima citazione di un politico in una intercettazione vorrebbe mettere mano direttamente alla ghigliottina, per la furia grillina che ha costruito sul turbo-giustizialismo le proprie fortune, per la timidezza della generazione renziana poco disposta a barattare un po' di consenso per ristabilire un naturale equilibrio tra poteri. Fatto sta che tra governo, maggioranza e opposizione va in scena uno spettacolo dai contorni surreali in cui le modifiche al testo iniziale della riforma del Senato diventano materia per uno scontro senza esclusione di colpi tra i furbetti dell'immunità.
Chi sono i «genitori» della modifica che punta a includere i futuri senatori sotto la protezione parlamentare, esattamente come accade per i loro colleghi alla Camera? Domanda semplice a cui nessuno ha il coraggio di dare risposta. Naturalmente stiamo parlando delle limitate guarantigie sopravvissute alla modifica costituzionale del '93, compiuta sotto il peso di Tangentopoli. Fatto sta che su quel mini-scudo - peraltro cancellato di fatto dai sistematici voti del Parlamento a favore delle autorizzazioni all'arresto - parte una giostra di messaggi contradditori, un festival di contraddizioni e dichiarazioni imbarazzate che lasciano intravedere una autogenesi della norma.
Il testimone passa dall'uno all'altro campo a ritmo vorticoso. La scintilla viene accesa dalla Boschi: «Immunità? Il governo aveva fatto la scelta apposta». Nel mirino dei sospetti a quel punto entra Forza Italia. Paolo Romani stoppa subito le voci. «Noi non c'entriamo. È una norma messa dai relatori Calderoli e Finocchiaro». La presidente della Commissione Affari Costituzionali furibonda punta il dito verso il governo: «L'esecutivo ha vistato due volte i testi, sapeva tutto». Roberto Calderoli rivendica la scelta. «C'erano due relatori, io e la Finocchiaro, persona priva di pregiudizi ideologici. Il merito va anche a qualche ministro. Nomi non ne faccio per non rovinarli, ma li ringrazio».
In questo festival dei veleni, i grillini provano a vestire l'abito dei castiga-Casta. Nel pomeriggio, però, arriva il colpo di scena. Il senatore Pd, Francesco Russo pubblica il testo di alcuni emendamenti M5S pro-immunità. «Ci vuole coraggio» e «una faccia tosta come quella di Luigi Di Maio, se il capogruppo al Senato M5S Buccarella assieme a 10 senatori grillini presenta un emendamento per l'immunità. Forse significa che non c'è nulla di cui indignarsi. Magari serve semplicemente evitare che, come insegnava Montesquieu, un potere dello Stato (quello legislativo) sia attaccabile o subordinato a un altro (quello giudiziario)». Il senatore dem rivolge analoga accusa a Romani, presente tra i firmatari di un analogo emendamento. Il presidente dei senatori azzurri, però, respinge al mittente le accuse». «Dispiace che Russo voglia fraintendere ma Forza Italia non ha mai chiesto l'immunità, fuori luogo in un Senato mera espressione delle istituzioni locali. I nostri emendamenti disegnano un Senato eletto direttamente dai cittadini.

Solo a tali condizioni, i principi costituzionali comportano l'immunità per i membri del Senato».

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