E ora Monti traballa sulle frequenze tv

E ora Monti traballa sulle frequenze tv

RomaMonti adesso traballa per davvero. Il pasticcio del governo sulle frequenze tv spinge il premier in una sorta di vicolo cieco. A ciò si aggiunga che il Fondo monetario internazionale dà uno schiaffo all’Italia: il pareggio di bilancio nel 2013 è un miraggio. Ergo, altra manovra in vista o, quantomeno, aumento dell’Iva anticipato a giugno. Peccato che dal Pdl arrivi subito il «niet»: no a nuove tasse su famiglie e imprese. Insomma, il Pdl ribolle di rabbia: sia perché la medicina Monti sta ammazzando il paziente, sia perché sul beauty contest - lamentano i berlusconiani - l’esecutivo ha giocato sporco. Succede che in mattinata passi un emendamento del governo che elimina il beauty contest per l’assegnazione delle frequenze tv, finora assegnate gratuitamente a chi ne aveva i requisiti. Ossia Mediaset e Rai. Attenzione, però. Se lunedì l’ex ministro dello Sviluppo Paolo Romani aveva dichiarato, in un’intervista pubblicata ieri dal Corriere della Sera, che tutto sarebbe filato liscio, alle 13 circa di ieri tutto cambia. Il lavoro della commissione s’impantana: fermi tutti. Lo stesso Romani attacca Passera: «Si tratta di un colossale pasticcio! Il ministro si è assunto la gravissima responsabilità di non tener conto delle indicazioni e degli accordi presi con il Pdl». Cos’è successo? Il testo, frutto di un’estenuante mediazione politica, cambia. Il sottosegretario Giampaolo D’Andrea cerca di ritirare l’emendamento ma vuole aspettare il ministro Giarda. Che arriva tardi. Si vota comunque e l’emendamento del governo passa in ogni caso, anche con il voto contrario del Pdl. Di fatto si rompe la «strana maggioranza» perché votano a favore tutti i gruppi parlamentari ad esclusione di Pdl e Grande Sud, mentre l’Idv si astiene. «Così com’è congegnato non consentirà a Rai e Mediaset di partecipare alla gara», denuncia Romani. La Tv di Stato e il Biscione, per come è scritto il provvedimento, siccome avrebbero già raggiunto la quota di 5 multiplex, non potrebbero far parte dell’asta. Un caos, insomma. Con il paradosso che, fatta una norma per reperire risorse dall’assegnazione delle frequenze, lo Stato non potrebbe contare sui concorrenti forti Rai e Mediaset. L’ex ministro azzurro Romani accusa: il governo ha cambiato le carte in tavola «facendo una mediazione successiva con il Pd, senza rendersi conto della rilevanza dei cambiamenti intervenuti». Tesi, questa, smentita da Bersani.
Sta di fatto che la questione delle tv irrompe al vertice che Monti aveva indetto assieme ai tre leader di maggioranza, Alfano, Bersani e Casini. Sul tavolo i problemi della crescita economica e le pessime previsioni certificate proprio ieri pomeriggio dal Fmi. Una sberla ai propositi di tenere i conti in ordine già nel 2013. Con un paradosso tempistico: la doccia fredda all’Italia arriva proprio in concomitanza del voto del Senato con cui entra definitivamente in Costituzione la regola del pareggio di bilancio. Monti sfila a palazzo Madama e gongola solenne: «È un voto importante - dice - bisognava esserci e io c’ero». Peccato che tutte le previsioni ci condannano e allontanano l’obiettivo. Monti cerca di rimandare: «Ne parleremo domani». Ma all’orizzonte il quadro è pieno di nubi. Così, il premier dispensa slogan: «Le tensioni delle ultime settimane dimostrano che non possiamo e non dobbiamo abbassare la guardia, occorre continuare a lavorare per porre le finanze pubbliche su una base più sana e proseguire nelle riforme». Ma lo spettro di un’altra manovra si avvicina pericolosamente. Altri quattrini da reperire, altre tasse, strada in salita per la crescita. Il Professore, a colloquio con il premier finlandese Jyrki Katainen riconosce che «il tallone d’Achille dell’Europa è la questione della crescita» ma come unica ricetta anti-recessione ripropone «riforme strutturali».
Insomma, mancano i soldi, come certificherà anche oggi il consiglio dei ministri nel Def. E i problemi sono tanti: la riforma del mercato del lavoro è semi pasticcio e, visto lo sgarbo sul beauty contest, il Pdl ringhia pure sul fronte tasse. «Basta agire sul fisco», è la parola d’ordine di Alfano. Mentre quella di Bersani è opposta e ventila già il ricorso alla patrimoniale. Come conciliare le posizioni della «strana maggioranza» è impresa ardua. E Monti, che in mattinata confidava in un rinnovato patto coi partiti, adesso trema davvero.

Senza contare che Pd e Pdl si trovano divisi pure sul futuro della Rai e sulla giustizia. Con il partito di Alfano che non ha nessuna intenzione di mollare su due temi cari: responsabilità civile dei magistrati e intercettazioni.

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