Fiorito spavaldo pure in cella

Taormina, legale dell'ex capogruppo del Pdl in Regione Lazio, lancia un avvertimento ai vertici del partito: "Adesso stiano tutti attenti". Oggi l'interrogatorio

Franco Fiorito, ex capogruppo del Pdl
Franco Fiorito, ex capogruppo del Pdl

Roma - La sua faccia in tv non la vuole vedere. E quando ci sono le trasmissioni che parlano del suo arresto si innervosisce e cambia canale. Dicono che sia stato questo l'unico momento in cui Franco Fiorito ha perso il buon umore da quando è finito in carcere con l'accusa di aver trasferito sui suoi conti i soldi del Pdl laziale. Per il resto il suo morale è alto e la faccia tosta quella di sempre. La prima notte e il primo giorno in cella sono trascorsi così, con un occhio alla televisione e un bicchiere in mano a sorseggiare Coca Cola e aranciata. A Regina Coeli, infatti, lì dove ha detto che avrebbe certamente trovato gente migliore rispetto al Pdl, l'ex capogruppo si è subito ambientato. E appena arrivato ha acquistato allo spaccio interno una cassa di bevande gassate, soprattutto Coca Cola e Fanta, per integrare il vitto che certo deve essergli sembrato poca cosa. «Francone si mangerà le sbarre», ironizzano su Twitter.
«Sta una meraviglia», garantisce l'avvocato Carlo Taormina che ieri ha trascorso la mattinata con lui per preparare l'interrogatorio di garanzia di oggi e la richiesta di riesame. A quanto pare la linea difensiva sarà aggressiva più che mai. Il penalista la anticipa con un avvertimento che suona più o meno così: «I vertici del Pdl stiano attenti perché i contributi regionali a volte tracimano: oltre ad essere utilizzati per spese regionali vanno altrove, anzi ovunque all'interno del partito». Fiorito, dunque, si prepara ad alzare il tiro oggi davanti al gip Stefano Aprile che ha disposto il suo arresto. Sosterrà che lui non ha rubato, che faceva parte di un sistema in cui altri si comportavano allo stesso modo grazie ad una normativa che lo consentiva. «Un sistema - spiega il penalista - visto come qualcosa che è espressamente previsto, per quanto riguarda le Regioni, dalla legge».
Ci sarà fango per tutti, questo è certo. Altri, oltre a lui, avrebbero utilizzato allegramente i soldi del partito. Anzi, certe cose sarebbero accadute anche all'interno di altri gruppi. Ma questa è una storia tutta da verificare. Per ora i magistrati stanno indagando per individuare eventuali complici di Fiorito e verificare se altri consiglieri abbiano usato indebitamente il denaro del Pdl. Del resto è lo stesso gip, nell'ordinanza, a scrivere che «sono ancora in corso le indagini dirette alla completa ricostruzione delle somme oggetto di illecita appropriazione, della loro destinazione e del loro utilizzo, a delineare meglio il ruolo avuto nella vicenda da Pierluigi Boschi e Bruno Galassi, capi della segreteria di Fiorito, e a individuare eventuali responsabili». Boschi e Galassi sono indagati, ma nei loro confronti non sono stati presi altri provvedimenti perché, al momento, non sono stati accertati arricchimenti personali. Ma gli accertamenti sui bonifici effettuati dal Batman di Anagni continuano, così come quelli sugli altri 4 milioni e 600mila euro movimentati negli due ultimi anni.
Ieri gli inquirenti romani hanno incontrato il pm di Viterbo Massimiliano Siddi che indaga sulle false fatture e sull'attività di dossieraggio che sarebbe stata messa in atto da Fiorito per screditare il suo successore alla guida del gruppo, Francesco Battistoni, e per sviare le indagini confondendo le sue responsabilità con quelle di altri. Ora Siddi potrebbe convocare chi, secondo il racconto dell'ex sindaco di Anagni, il 12 settembre avrebbe partecipato ad una riunione in cui venne deciso di distribuire ai giornali le fatture di alcuni consiglieri, fatture poi risultate taroccate, e che sarebbero state utilizzate per una sanguinosa faida politica. Per questa vicenda sono finiti sotto inchiesta i vertici del coordinamento regionale del Pdl. E presto il pm potrebbe ascoltare il coordinatore Vincenzo Piso, anche se l'avvocato smentisce che a Viterbo ci sia qualche procedimento a suo carico.

Un'omonimia che gli sta rendendo la vita impossibile. Anche lui si chiama Franco Fiorito, ha 42 anni, vive con la madre invalida, e fa il commesso a Roma. In questi giorni sta ricevendo centinaia di messaggi su Facebook e di telefonate con insulti e minacce di ogni tipo. La sua unica colpa quella di chiamarsi come l'ex capogruppo del Pdl, arrestato nell'ambito dell'inchiesta sui fondi del partito. Adesso l'omonimo ha deciso di uscire allo scoperto perché da quando è iniziata questa storia non ce la fa più. L'uomo sta vivendo un incubo, con minacce telefoniche che arrivano anche nel cuore della notte.

«Mi hanno detto di tutto - lo sfogo - che merito la pena di morte, che devo restituire i soldi e di stare attento a quello che mi può accadere. In questi giorni sto provando sulla mia pelle il livello di rabbia che c'è in giro. Vi lascio immaginare il disagio e la sofferenza che tutta questa situazione sta creando alla mia famiglia».

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