Da rapporto «indipendente» e scomodo per la narrazione Covid a strumento per la propaganda del ministro Roberto Speranza. Dopo settimane di ricerche il Giornale ha in mano un documento che smentisce le ricostruzioni fatte fino a oggi sul rapporto del ricercatore Oms di Venezia Francesco Zambon, fatto sparire 24 ore dopo la pubblicazione nel maggio 2020 (e ritrovato solo a settembre dal consulente dei familiari della Bergamasca Robert Lingard) perché conteneva delle verità scomode sulla data del primo contagio da uomo a uomo che la Cina voleva nascondere.
Il Giornale aveva ipotizzato che il rapporto sul Covid in Italia nascesse come autopsia spietata dei giorni più bui, non certo come vetrina della gestione della pandemia firmata dall’allora premier Giuseppe Conte e dal suo ministro della Salute Speranza. Ma c’è una mail di Zambon del 14 maggio 2020 indirizzata all’allora numero due Oms Ranieri Guerra che cambia tutto: «Il documento non critica affatto l’Italia, anzi valorizza i titanici sforzi fatti. Mette in luce la flessibilità di un grande Paese, la capacità di resistere, pur in uno scenario complesso di rapporto tra Centro e Regioni [...]il ministero della Salute non viene mai criticato».
Insomma, l’intento del report non era criticare l’Italia ma dipingerla come «uno Stato che esce decisamente in piedi e a cui guardare come esempio». Peccato che nella Bergamasca nel frattempo la gente morisse chiusa in casa. «L’Oms - pur nel delicatissimo equilibrio in cui siamo - può fornirgli oltre che una foglia di fico anche una pubblicazione di cento pagine su cui farsi ulteriore forza. Che ne avvalla fondamentalmente l’operato», si legge nello scambio tra i due funzionari italiani dell’Oms.
Insomma, più che un rapporto scientifico ed indipendente, Zambon fa intendere a uno scettico Guerra, che qualche critica presente nel testo poteva essere gestita, «cercherò di farlo nei migliori interessi di questo Paese, che è anche il mio paese e ne vado fiero. Ci hanno trattato come dei mentecatti. Non lo siamo affatto e lo abbiamo dimostrato, sia a livello nazionale che a livello regionale».
Altro che rapporto conflittuale tra i due, altro che pressioni per evitare la pubblicazione di un documento «scomodo»: Zambon e Guerra, stando ad una serie di e-mail in possesso del Giornale, si parla anche di soldi. Il 13 aprile 2020, a seguito di una comunicazione di Ranieri Guerra, Zambon comunicava ad una lista di destinatari, tra cui il grande capo di Oms Europa Hans Kluge, che Ranieri Guerra era riuscito ad ottenere il «via libera formale da parte del ministro» Speranza a una donazione da 60 milioni di dollari che il Kuwait voleva destinare all’Oms.
Il 14 aprile 2020, Guerra scrive a Zambon: «Ti ho aperto un’autostrada sulla narrazione, ma bisognerebbe anche condividere con Speranza un indice più aggiornato di quello che volete fare, così che benedica anche questa parte». Zambon, riconoscente, risponde: «Caro Ranieri, grazie per la tua intermediazione con il ministro. In allegato trovi la outline della pubblicazione sull’Italian response to Covid-19. Un team di consulenti sta lavorando su di essa e ne seguo - insieme a Wim – il suo sviluppo costantemente. Ci saranno anche dei regional profiles, alla fine del testo principale. La pubblicazione vuole fornire una “story line” con descrizione di quanto successo in Italia mettendo in luce i punti di forza, e facendo emergere alcuni messaggi chiave che possono essere utili ad altri paesi». Già: una story line. Chiamarla «analisi indipendente» sarebbe stato un po’ troppo.
Zambon dunque non era affatto contrario al coinvolgimento di Speranza nella stesura del famigerato rapporto. Tale circostanza viene confermata anche nella risposta che l’8 giugno 2021, l’Oms fornisce alla famosa rogatoria internazionale della Procura di Bergamo, singolarmente mai riportata dalla trasmissione Rai Report e nemmeno mai fatta oggetto di strane fughe di notizie: «Lo schema del progetto condiviso con il ministero della Salute italiano a metà aprile 2020 dal consigliere speciale ed ex vicedirettore generale, Ranieri Guerra, su richiesta dell’autore principale (Francesco Zambon), è allegato al presente documento».
Non solo. Perché fermarsi ad un unico rapporto, quando se ne può fare un altro perfettamente armonizzato con la linea politica del ministro Roberto Speranza? Sempre nella e-mail del 14 aprile 2020, Zambon illumina Guerra su un altro progetto: «L’altro prodotto che vorremmo sviluppare con i fondi del Kuwait - continua Zambon - è legato alla risposta Italiana (con confronto anche con altri stati) legati alle domande sotto, tutte legate al motto “leave no one behind” degli Sdg (Sustainable development goals, obiettivi di sviluppo sostenibili). So che il tema delle health inequities (e inequities - diseguaglianze, ndr - in generale) risuona molto con l’agenda del ministro Speranza, pertanto mi auguro che la proposta trovi il suo placet».
Insomma, Zambon non solo voleva fornire a Speranza «oltre che una foglia di fico anche una pubblicazione di cento pagine su cui farsi ulteriore forza», ma si premurava di ideare una nuova pubblicazione che «risuona molto con l’agenda del ministro Speranza».
Tra quelle domande, ce n’è una che vibra come un paradosso assordante. Zambon voleva illustrare al mondo come dal punto di vista del sistema sanitario, l’Italia si è adattata per garantire che le popolazioni vulnerabili non fossero lasciate indietro nella loro lotta contro il Covid-19. Una domanda dal sapore quasi cinico, se letta accanto a ciò che accadde davvero.
Perché mentre a Venezia l’Oms si preoccupava della narrazione, a Bergamo, Brescia, Cremona ed in altre province d’Italia i vulnerabili venivano lasciati indietro eccome. Non c’erano ambulanze, non c’erano i posti letto, e a un certo punto non c’erano nemmeno più le bombole d’ossigeno — l’elemento base della vita - diventato improvvisamente un lusso. Migliaia di anziani morirono nelle loro case non perché «fragili», ma perché dimenticati.
Se la scienza internazionale diventa strumento di consenso, la democrazia ne paga il prezzo.
Spetta alla commissione d’inchiesta Covid chiarire questi rapporti: la salute pubblica non può essere ostaggio della politica, né in Italia né all’Oms. La ricostruzione della gestione della pandemia serve ad accendere i riflettori sulle troppe cose che non hanno funzionato. Compresa una narrazione a senso unico.