
"Abbiamo dei mali da estirpare, non vogliamo più vedere capibastone e cacicchi vari". Elly Schlein aveva vinto le primarie con la promessa di effettuare un vero e grande rinnovamento della classe dirigente, ma a due anni dalla sua vittoria questo obiettivo pare non essere ancora stato raggiunto.
Se da un lato è vero che né Vincenzo De Luca né Michele Emiliano potranno correre per un terzo mandato è altrettanto vero che l'ormai ex governatore della Campania vuole avere voce in capitolo sul nome del suo successore, mentre il presidente della Puglia è pronto a candidarsi come consigliere regionale proprio come il suo predecessore Nichi Vendola, mettendo così in grande imbarazzo l'eurodeputato ed ex sindaco di Bari Antonio De Caro, candidato in pectore del centrosinistra. Ora il vero nodo è la Toscana dove il governatore uscente Eugenio Giani è inviso al Movimento Cinque Stelle e all'estrema sinistra. Un personaggio non certamente incasellabile tra i "capibastone" e i "cacicchi", ma che gode di un buon gradimento sul territorio toscano, come dimostra anche il recente sondaggio del Sole24Ore che lo pone in quarta posizione tra i presidenti di Regione più amati d'Italia, immediatamente dietro al trio di centrodestra formato dal friulano Massimiliano Fedriga, il veneto Luca Zaia e il piemontese Alberto Cirio. Un vanto per il Pd, ma anche un problema per Elly Schlein che sperava di sostituire Giani con un uomo della sua corrente, il segretario regionale dem Emiliano Fossi. Ormai la ricandidatura di Giani pare sempre più scontata e questo conferma la difficoltà oggettiva della Schlein ad affermare la sua leadership dentro il partito con un vero rinnovamento della classe dirigente.
Basta volgere lo sguardo alle ultime elezioni Europee per rendersi conto che i grandi portatori di voti provenivano tutti dalla minoranza interna: da Stefano Bonaccini ad Antonio De Caro (mister 500mila preferenze al Sud), da Giorgio Gori a Dario Nardella. Tra questi spicca anche Matteo Ricci, ex sindaco di Pesaro, che il centrosinistra ha schierato nelle Marche per battere il presidente uscente di FdI, Francesco Acquaroli e che si è solo recentemente avvicinato alle posizioni della segretaria Schlein. Lui è l'unico candidato vagamente riconducibile alla maggioranza del partito, visto e considerato che la sua formazione politica è di impronta riformista. Le Regioni governate, finora, dal centrosinistra sono 5 di cui una, la Sardegna, è guidata dalla pentastellata Alessandra Todde. Le altre quattro vedono presidenti ostili (Vincenzo De Luca in Campania) o invisi alla segretaria (Michele Emiliano in Puglia) oppure lontani dal mondo schleiniano. In Emilia Romagna, infatti, il Pd ha vinto con l'ex sindaco di Ravenna, Michele De Pasquale che alle primarie aveva sostenuto Stefano Bonaccini, mentre il centrosinistra ha riconquistato l'Umbria schierando l'ex sindaco civico di Assisi, Stefania Proietti, nota per le sue posizioni anti-abortiste e, quindi, non proprio affine all'area politica della Schlein.
Se, poi, si pensa che, fatta eccezione per Bologna, anche le altre grandi città amministrate dal Pd come Roma, Milano e Torino non hanno sindaci espressione del "nuovo corso schleinano", allora il quadro è più chiaro e completo. Insomma, anche la segretaria dem ha un problema di mancanza di classe dirigente.