Un recente studio condotto in Inghilterra afferma che gli errori legati alle procedure di fecondazione assistita stanno crescendo, a fronte di una richiesta d'interventi sempre più elevata. Nel Regno Unito, nel 2011, ne sono stati contati 564, con livelli diversi di gravità: tre volte quelli analizzati nel 2007.
I dati diffusi dalla Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA) parlano di casi di sperma sbagliato iniettato in un uovo, embrioni accidentalmente distrutti, o impiantati in donne che dovevano riceverne altri. E ricordano alcuni casi di cronaca diffusi negli ultimi anni. Risale al luglio 2011 la vicenda accorsa a una mamma di Hong Kong che s'è ritrovata in pancia due bimbi non suoi. Complice un giovane e inesperto embriologo che non aveva letto attentamente le etichette poste sulle provette. I dirigenti della Victory Art Laboratory hanno infine ammesso l'errore e garantito un cospicuo risarcimento alla donna. Caso simile a quello verificatosi nel 2009 a Sylvania, cittadina dell'Ohio, in Usa, dove Carolyn Savage, quarantenne, ormai prossima al parto, viene a sapere che il bimbo che ha in grembo non è il suo. Si confida con il marito e, entrambi molto religiosi, decidono di proseguire nella gravidanza. Alla fine il piccolo nato torna nelle braccia della mamma biologica, immensamente grata alla coppia. All'inizio degli anni Novanta, nei Paesi Bassi, da una madre bianca, nascono un bimbo bianco e uno nero. Senza mezzi termini la stampa parlò di «miscela» di sperma per via dell'utilizzo di pipette «sporche».
Casi simili sono stati riscontrati in America, nel 2004, a New York, con la nascita di due gemelli, di cui uno nero perché derivante dall'embrione di una coppia di colore; e in Irlanda, dove nel 2009 una coppia ha dato alla luce un bimbo mulatto dopo avere ricevuto lo sperma di uno sconosciuto.
In Italia problemi legati alla fecondazione assistita sono più unici che rari, ma a Torino, nel 2004, presso un centro privato per la procreazione assistita, sono stati invertiti i contenitori con il liquido seminale di aspiranti papà; e a Modena, nel 1996, il materiale genetico di un padre africano è finito in quello di una mamma italiana. Due giorni fa, l'eclatante episodio dell'ospedale Pertini di Roma, che ieri il direttore generale dell'Asl Roma B, Vitalino De Salazar, ha definito «un caso isolato». È dunque così pericoloso sottoporsi a un trattamento di fecondazione assistita? C'è un dato che rassicura: nel Belpaese in venti anni si sono verificati tre «gravi errori» a fronte di oltre un milione di interventi.
Lo stesso ministero della Salute precisa che viviamo in un Paese dove «le procedure per la qualità, la sicurezza e la tracciabilità dei percorsi di procreazione assistita, seguono standard elevati, riconducibili a normative recepite da direttive europee». Ma non sono solo i numeri a preoccupare, poiché il fenomeno ha delle grosse ripercussioni di ordine etico e morale. E siamo del tutto impreparati dal punto di vista legale.
L'Italia, del resto, ha fatto passi da gigante nell'ambito della fecondazione assistita e se nel 2005 le coppie trattate per infertilità erano 45.500, nel 2011 si è giunti a 73.500.
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