Estremi I cappotti architettonici di Jil Sander

È tempo di cambiamenti epocali. Sia per i giovanotti metropolitani dallo stile irreprensibile e di forte aplomb sia per gli «Angry Young Men», movimento di giovani arrabbiati che alla fine degli anni Cinquanta criticava le istituzioni inglesi e che oggi, in salsa economico-finanziaria, potrebbero essere i corrispettivi degli Occupy Wall Street. Non parliamo di gente che indulge nell'infighettamento o rischia di scivolare sul clochard style. Parliamo di uomini sicuri di sé e poco inclini al tentennamento. «Nel prossimo futuro i giovani metropolitani saranno immersi nel flusso di un cambiamento epocale», spiegava ieri Anna Zegna subito dopo aver mandato in passerella una collezione di superbi gessati metropolitani.
«La rabbia è un sentimento globale che prelude al cambiamento. La sento pulsare nei ragazzi di oggi così come accadeva in quelli che negli anni Sessanta e Settanta si riappropriarono del mondo e di loro stessi», incalzava Ennio Capasa, designer di Costume National prima di far sfilare una collezione inquieta e poco bon ton. Insomma le acque della creatività al maschile per il prossimo inverno si aprono sull'impeccabile stile di chi sa maneggiare il lusso senza complessi e conosce la gioia di dissacrare il tailoring pur amandolo. Così da Ermenegildo Zegna le innumerevoli sfumature del grigio - asfalto, acciaio, cemento, granito - esaltano i completi in pura seta cardata, confortevole e allo stesso tempo lucente. Nella rivoluzione industriale di questo brand entrano anche i cappotti in spazzolino - tessuto pregiatissimo di alpaca inventato da Agnona negli anni Settanta - questa volta placcato effetto astrakan. Straordinari i blouson in visone rasato e scolpito al laser. La ribellione alla maniera di Costume National parte dal cappello Fedora alla David Bowie in feltro lapin, per arrivare allo stivaletto Beatle in vitello abrasivato, passando attraverso uno stile graffiante perfettamente bilanciato fra il militare e il sartoriale contemporaneo. Speciali i tessuti accoppiati tagliati al vivo e le lane con armature in raso e magistrale l'uso del nero e del blu elettrico. Messaggio perfetto per coloro che si ribellano al déja-vu, uomini con i quali da sempre dialoga la grande Jil Sander che ieri ha dato notevole prova del suo spirito non convenzionale.
Dici cappotto e ti trovi di fronte un oggetto architettonico: spalle scolpite, ampiezza pronunciata, tessuto consistente come il feltro verniciato e il colletto rigido amovibile. Dici gessato e devi fare i conti con righe interrotte, quasi «sbagliate», che creano nuovi percorsi sul corpo maschile. Dici colori e ti sorprendi con un rosso vivido e un blu cobalto usati a piene mani nei completi giacca, T-shirt e pantalone. «Ci sono delle cose dalle quali è impossibile prescindere: il taglio sartoriale fatto in Italia, i materiali tecnologici e quel pizzico di stravaganza che rende personale una scelta» spiegava Sergio Corneliani dopo aver mandato in passerella una bella idea di moda maschile, forte del passato ma proiettata nel futuro. La scenografica dell'artista Marzia Migliora - un'installazione di oltre 400 foglie dei fiori ricavate da lastre di piombo - ricordava il paesaggio di una tela del Mantegna esposta al Prado.

Normale riferimento artistico per un'azienda nata nella città di Virgilio cinquant'anni fa e che ieri ha espresso il meglio in lunghi cappotti di alpaca, di abiti antracite o cammello inappuntabili ma non ingessati, di maglie confortevoli come una giacca da camera e del blazer nero in nappa e alpaca, perfetto per mantenere salda la fede incrollabile dei nuovi dandy.

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